Premessa a cura del Direttore Editoriale
La ragione è una caratteristica propria dell'uomo, poiché gli uomini hanno la ragione e possono pensare. Cartesio scriveva: "Penso, dunque sono." Insomma, a parte i nostri pensieri, non c'è nulla che sia davvero in nostro potere. La ragione si usa o per conoscere o per orientare le proprie azioni, pare… Con il termine sentimento altresì si intende la capacità di provare sensazioni ed emozioni in modo consapevole. Spesso il sentimento è sinonimo e/o la metafora di cuore, passione, pathos…, comunque una sorta di appetizione (da adpetere: tendere verso): tutti noi essere umani tendiamo verso qualcosa. A ben vedere, il dolore e il piacere sono due tendenze verso qualcosa, e che, a mio parere, possono coesistere, anzi, trovare vantaggio proprio da questa co-esistenza, come argomenterò più avanti.
Ma intanto facciamoci guidare dai filosofi, che, a vario titolo, hanno riflettuto e speculato sull’argomento. Platone ,nel Fedro, attraverso il mito dell'auriga, sostiene che è la ragione che deve guidare le passioni. La ragione, indi, deve controllare i sentimenti per decidere. I sentimenti però non possono essere eliminati (il carro del mito senza cavalli non può andare avanti), per cui essi servirebbero alle scelte di vita. Per Aristotele la ragione comanda i sentimenti ed il giusto mezzo che la ragione trova nel campo dei desideri è il coraggio. I fondatori dello stoicismo (Zenone di Cizio, Crisippo…) vogliono eliminare le passioni in quanto considerate simili a malattie, per cui la ragione non deve essere disturbata dalle passioni: l'uomo deve agire facendosi guidare esclusivamente dalla ragione. Per Kant è la ragione che decide cosa è giusto fare e l'etica è fondata sul dovere, sicchè il dovere lo si determina usando soltanto la ragione. Per i romantici irrazionalisti – pensiamo a Giacomo Leopardi - la ragione conduce alla infelicità.
E allora che si fa? Diamo forse per scontata questa continua lotta tra l’io-monade disperato, sentimentale e smarrito in un mondo algido ed inospitale e l’io laborioso immerso in una Terra da abitare, da progettare che - con la sola forza della ragione - tutti i sacrosanti giorni compie tenacemente il suo dovere di uomo, come scrive Marco Aurelio. A tale proposito mi viene in mente il pensiero di un autore a me caro: “ Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante (Kahlil Gibran)”. La realtà è dialettica, è, per definizione, pregnante di conflittualità…E’ assolutamente vitale trovarci a essere nella tempesta della ragione e del sentimento, che spesso ci paiono assolutamente inconciliabili…Quando Hegel parla dei tre momenti della Tesi, dell’Antitesi e della Sintesi, pensa alla realtà come fondata sull’articolarsi di un processo intrinsecamente imperniato sul conflitto. E questo, anziché essere denigrato o espulso, viene a rappresentare un passaggio essenziale, che obbliga l’astratta tesi a diventare concreta, a confrontarsi con la sua contraddizione, a fare esperienza proprio tramite la sua negazione. Solo attraversando il contrasto e il conflitto, si può arrivare alla conciliazione pacificatrice della sintesi e fare sì che l’essenza astratta della tesi divenga finalmente reale. Considerato che il malessere esistenziale è una componente della vita dell’uomo e che il conflitto ragione e sentimento è una sua espressione, proviamo a non estremizzarlo, a non fare scelte di campo, bensì a spostare dall'esterno all'interno, nella ragione, la valutazione di questo malessere, come dice Seneca. L'interiorità, a cui fa appello Seneca, é il luogo in cui si combatte contro gli assalti di tutto ciò che é esterno per la salvaguardia della propria libertà: ed è per questo che il pensatore spagnolo ci invita alla sera, quando la nostra giornata volge al termine, a fare un redde rationem, una ricognizione fra i sentieri del proprio animo per sincerarsi che, quella trascorsa, sia stata una giornata bene impiegata (De ira, III, 36). Forse una giornata caratterizzata da un buon equilibrio tra ragione e sentimento e magari anche da una certa dose di coraggio? La vera schiavitù per Seneca é quella volontaria, l'assoggettamento al vizio. E il vizio principale non potrebbe forse essere quello di criticare sempre gli altri e di non pensare a mettere in atto la propria virtù? Dice Seneca a Lucilio[1] che la vita è breve, e ,dunque, non dobbiamo disperderla in vane risse, ma viverne intensamente tutte le ore e renderla tranquilla…. Non sa cos’è la felicità, ma pensa che ricominciare a usare la ragione può essere un buon mezzo per arrivarci.
Personalmente non ritengo ragione e sentimento due tendenze così opposte e inconciliabili, non foss’altro per il fatto che la loro interazione può essere fonte di grandi imprese. Come scrive Bambaren[2]: “La scoperta di nuovi mondi non ti porterà solo felicità e saggezza, ma anche tristezza e paura. Come puoi affrontare la felicità, senza sapere cos'è la tristezza? Come puoi raggiungere la saggezza, senza affrontare le tue paure? Alla fine, la grande sfida della vita consiste nel superare i nostri limiti, spingendoci verso luoghi in cui mai avremmo immaginato di poter arrivare”. L’andare fino in fondo al senso delle cose, l’affrontare le proprie paure, lo scandagliare la propria origine e l’origine del mondo e ciò che ivi ci lega indissolubilmente, spingerci verso quei luoghi inimmaginabili, abbisogna di una forte alleanza tra ragione e sentimento. Un legame essenziale unisce questa tematica all’affermazione aristotelica che solo il filosofo può essere felice. Nella lotta continua contro il terrore e l’imperfezione dell’uomo, la filosofia innesca una miccia verso la conquista della posizione eretta, di una nuova condizione esistenziale, della dignità della persona tra la paura e il sogno, in cui ragione e sentimento sono timone e vela della nostra anima navigante.
[1] Seneca, La condizione umana, op.cit.,p.167. XLIII – Quin potius vitam brevem colligis placidamque et tibie et ceteris praestas?..
[2] Vedasi Sergio Bambarén, Il delfino. I sentieri del sogno portano alla verità, traduzione di Anna Pastore, Sperling & Kupfer, 1997; L'onda perfetta. Scegli di essere felice, traduzione di Alessandra Padoan, Sperling & Kupfer, 1999; Vela bianca. Lasciati portare dal vento della felicità, traduzione di Alessandra Padoan, Sperling & Kupfer, 2000.