Lino Carriero

Il caso di Letiziana: diversa come una veggente, folle come una schizofrenica (tratto dall’introduzione de L’Ottenebramento della Luce, Chimienti editore, Ta, autore Lino Carriero).

Prologo

L’Ottenebramento della Luce è il secondo episodio della “Trilogia dell’Oracolo”, e fa seguito a L’Attraversamento della Grande Acqua. La trilogia prevede la narrazione di tre casi di Counseling filosofico realmente accaduti nell’ambito della mia esperienza professionale come counselor esistenziale. Tre “casi”, inizialmente tre storie di vita, che lo psichiatra e filosofo Ludwig Binswanger non avrebbe esitato a paragonare alle sue ben più famose “Tre forme di esistenza mancata”. Esistenze che nel nostro caso hanno avuto modo, seppur nella sofferenza, di trovare quel riscatto laddove, nel mondo, il “senso” sembrava loro impossibile e il “tempo della speranza” abbandonare i destini per sempre. Sebbene il precedente episodio, dovendo introdurre il lettore anche alla conoscenza del “Counseling esistenziale del Mutamento” e dell’oracolo del Libro dei Mutamenti - I Ching - , ha dovuto contenere ben tre introduzioni - quella dell’autore, quella del filosofo Carlo Paràlinos (mio alter-ego) e quella del protagonista, Pallino, la voce narrante, in questo secondo romanzo avrei preferito non apporvi nulla e lasciare che il lettore possa tranquillamenteabbandonarsi alla narrazione. Ma dato che questa seconda opera nasce dall’esperienza di un abbandono (Gelassenheit) e dagli imprevedibili eventi che da esso, misteriosamente, sono maturati nella mia anima, il romanzo contiene in sé molteplici piani di lettura esoterica, tali per cui mi è sembrato giusto anticiparne immediatamente prima del romanzo le chiavi filosofiche di accesso. L’editore l’avrebbe gradita come postfazione, ma dato che già esiste una postfazione dedicata agli eventi di natura storica, ci è sembrato logico non farne un bis. Come già per il precedente episodio della trilogia (e così anche per il prossimo “Essere e Mutamento”), non è un caso che l’opera sia divisa in tre sezioni e che ognuna di esse sia contraddistinta da un colore. Chi, dunque, si aspettava un “semplice” caso psicologico romanzato tratto da una storia di vita vissuta, quale pure esso è, non dovrà sentirsi obbligato sin dall’inizio ad attraversare i sentieri tortuosi di argomentazioni specialistiche inevitabilmente ostiche per i non addetti. Senza remore vada pure oltre e cominci la narrazione del romanzo. Dopo averne completato la lettura, semmai lo ritenesse interessante e utile, ritorni pure su questi primi passi: sicuramente, allora, questa guida interpretativa gli risulterà meno ostica. In verità se così ritenesse opportuno fare sarà perché avrà intuito l’esistenza di una quarta sezione al suo interno contraddistinta da un colore traslucente.   

 

Pemesse per un’interpretazione filosofica dei diversi piani di lettura.

Έν άρχή ήν ό λόγος 

In principio era il verbo. (Gio.1,1-5)

36 – Non più Luce, bensì Tenebre. (I Ching, Ming I) -  666

“Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mettono in pratica le parole che vi sono scritte, perché il tempo è vicino.” (Apo. 13,1)

Il libro che vi accingete a leggere narra di una giovane donna che il counselor esistenziale del mutamento - il filosofo Carlo Paràlinos – decise di chiamare Letiziana. In verità, questo appellativo tanto suadente trae l’origine dall’unione di due nomi: Letizia e Ania. Con questi nomi, altrettanto di fantasia, ci si vuol riferire alle due identità della protagonista; identità diverse nella loro allocazione d’essere nello spazio e nel tempo. Come è possibile incarnare due identità distinte, direte voi? I casi di schizofrenia lo dimostrano molto bene (e distinte lo sono solo in apparenza), ma nel caso in questione, che narra la storia di una cosiddetta “veggente” – il caso di Letiziana negli attuali tempi dimodernità liquida[1] -, nulla e nessuno potrà dirsi davvero certo delle definizioni. A ben vedere anche l’autentico suo nome, contenuto anch’esso nell’anagramma di Letiziana, sta ad esprimere solo una parte della sua identità. Infatti, come alla fine della storia si evincerà, sarà attraverso un quarto nome che si “rivelerà” (in greco antico Apocalisse) l’autentica identità della protagonista, s-quadra-ndosi (Vierung), volendo usare il termine coniato da Heidegger a proposito del divenire realizzato dell’essere nella quaternità, (Geviert). Quel nome, che ora si preferisce tacere per timore, sarà talmente autentico da non essere neppure paragonabile con la somma dei tre precedenti. Né paragonabile e né pronunciabile direttamente. Strane coincidenze intorno al numero 4! Anche il nome divino, impronunciabile all’uomo, è composto dal tetragramma YHWH, dalle iniziali di quattro lettere ebraiche (Yod He Waw He); 4: numero perfetto essendo l’espressione della manifestazione di Dio, “Colui che è”. Ma torniamo daccapo ai primi tre nomi.

L’Ottenebramento della Luce si potrebbe definire come una narrazione biografica costruita attorno a quello che, all’origine, era stato pensato nella forma di un saggio. Il saggio in questione avrebbe contenuto, in breve, quello che ora, più esteso, è il misterioso caso che ruotava intorno all’elaborazione del 36° esagramma dell’I Ching: L’Ottenebramento della Luce, e delle strane coincidenze con certe antiche teorie sulle tetradi. La tetrade, tetraktis, è quella formulazione numerica con la quale Pitagora ci ha tramandato l’antico metodo d’accesso ai codici numerologici contenuti in certi testi ermetici. La tetrade veniva così riportata numericamente: 1 + 2 + 3 + 4 = 10. Ma, attinente al nostro caso, tra le altre pervenuteci dall’antichità, annoveriamo la tetrade di Plutarco, “mondo 36”, della quale il filosofo ci riferisce in “Diatriba isiaca” (cap. De Iside et Osiride),più complessa poiché formata dalla polarizzazione di due quaterne:

“La cosiddetta tetraktis, ossia il trentasei, era la forma più alta di giuramento, come è stato rivelato, ed ha avuto il nome di Mondo perché è formata dalla somma dei primi quattro numeri pari e dei primi quattro numeri dispari” (2 + 4 + 6 + 8   + 1 +3 + 5 + 7 = 36).

Questo procedimento, detto “addizione teosofica”, viene utilizzato da San Giovanni nel formulare le metafore dell’Apocalisse; secondo cui sommando i primi 36 numeri interi avremo l’ormai famosa cifra bestiale del 666. 

Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia. Essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei” (Apo., 13, 18).

Ma, al di là di ciò, cogliendo l’occasione della descrizione del 36° esagramma, il saggio,  avrebbe dovuto “far luce” sulle caratteristiche di questo particolare tipo di counseling filosofico che è il “Counseling esistenziale del Mutamento”: prassi, pratica di consapevolezza dell’esser-ci, derivata dall’antropologia fenomenologica e dalla filosofia del Mutamento contenuta nell’antichissimo testo cinese dell’I Ching. Senza far mistero delle eredità lasciataci da Heidegger e da Binswanger, potremmo anche definirla come l’arte, o meglio l’Opus, dell’esser-ci o dell’Essere nel mondo, che fa della relazione con l’alterità, l’esser-con, uno degli assiomi più importanti per l’emersione consapevole dell’essere autenticamente esistente in quanto espressione presente della “propria” soggettività. Soggettività intesa come pubblica espressione relazionale dell’essere, raffigurabile con l’espressione adottata dallo psichiatra svizzero Ludwig Binswanger: communio et communicatio. Un fatto, che altrimenti trovereste assai curioso, ma che si spiegherebbe bene alla luce del porre se stessi nel mondo in relazione dialogica con l’altro (e l’Altro…) – l’esser per l’altro (Lèvinas) - è che anche la voce narrante del romanzo - il filosofo e counselor Carlo Paralinos - ha due diversi nomi a seconda del luogo e del tempo in cui è, storicamente, diversamente gettato nella narrazione (Jesus de La Cruz); la trama del romanzo stesso si dispiega nell’arco di tre distinti e distanti secoli: XVI, XX e XXI secolo.

Il nome dato al romanzo fa dunque riferimento tanto al 36° esagramma dell’I Ching - il Libro dei Mutamenti – (lo strumento filosofico-oracolare, test antropo-diagnostico, di cui si avvale la prassi esistenziale del “prendersi cura di sé” che caratterizza il Counseling esistenziale del Mutamento), quanto anche al contenuto della profezia apocalittica dell’ottenebramento della mela d’oro che, in occasione dello scoccare del XVI secolo, preannunciava l’esatta e autentica fine del mondo annunciata dall’eclissarsi del sole e dalla calata dei nuovi barbari: questa volta non gli arabi del sud ma i turchi mussulmani dell’est invasori di Costantinopoli. Tale profezia fu ritenuta esatta poiché, come fu evidente, il calcolo di quella dell’anno mille si rivelò impreciso; tuttavia impreciso doveva esserlo anche questa seconda tornata di calcoli tardomedioevali… A meno che il tempo non sia solo lineare e in qualche “mondo”, come zigzagando, il tempo possa riproporre nuovamente situazioni inconcepibili alla logica del tempo lineare, ma non a quella del tempo circolare, kairòs, o esperienziale come afferma Plotino (III Enneade: Eternità e tempo).

L’espressione molto evocativa con cui di norma il 36° esagramma - L’Ottenebramento della luce - viene tradotto in italiano è a volte tradotta anche con la più razionale “Lesione del chiaro” (…Non più Luce, bensì Tenebre). Ed è proprio ad una lesione della chiarezza interiore, Lumen, che facciamo riferimento, tanto come causa primaria che come effetto secondario, alla base delle vicende di Letiziana e, con sé, anche dell’intero variegato contesto antropologico in cui la storia è immersa. Se, secondo la tesi dell’esistenzialismo, ogni uomo è chiamato al compito di dare, soggettivamente, un’autenticità alla propria presenza nel mondo in cui si è chiamati ad esistere, le vicende dei personaggi, oltre che di Letiziana in primis, riflettono l’espressione più autentica di una ricerca del senso della vita in relazione ai propri eventi a volte del tutto irrazionali, e perciò terribilmente angosciosi, come spesso accade anche a tutti noi. Nel fare di entrambi degli homini philosophici, la ricerca, che vedrà sia il counselor che la sua consultante ritrovarsi a dover vivere una comune odissea, vorrebbe che essi possano coerentemente  rendere progettualmente consonante l’Essere (la propria autenticità) con il Tempo (il destino) nello spazio della propria vita. Se ognuno, nel cammin della propria vita, fosse portato a ritenere di essere partito da condizioni di particolare svantaggio, a Letiziana (veggente e schizofrenica) toccò, non di meno, in sorte il “disagio” di “esser-gettata” entro due percorsi, intrecciati, ma paralleli nell’influenza che su di lei hanno avuto nel bene e nel male come stigma, il giudizio iniziale e il Giudizio finale. Il sottotitolo, Cronaca di un Apocalisse annunciata, al di là dell’addizione teosofica di San Giovanni riguardo al Libro dell’Apocalisse, lascia intendere il perché, ora, abbia citato, in maiuscolo, anche il Giudizio finale, oltre al giudizio, morale, dei suoi concittadini e, scientifico, della psichiatria. E sarà sempre nel rispetto del dialogo tentato tra queste duplici vesti che verranno descritte le sue vicende: la veste della veggente – veste con cui è conosciuta dai suoi compaesani – capace, naturalmente, di viaggiare nel tempo, e quella della schizofrenia con cui è stata conosciuta dalla Psichiatria che nell’infanzia l’ha vista come paziente. Più in generale, la trama narra del fallimento dell’uomo moderno che inconsapevolmente o meno, complice la “tecnica”,  ha smarrito l’essere. In fondo doveva andare così, e dunque, al tempo del fallimento esistenziale segue il tempo (ultima occasione) dell’urgente ritorno all’essere - questo sconosciuto – prima che sia troppo tardi. Letiziana si rivolse al counselor nel tentativo di poter conciliare, chiarificare, un’esistenza che sempre, sin dall’infanzia, era “sembrata” il frutto oscuro di una scissione, dovuta (come rivelerà la trama) ad una singolare lesione del chiaro. Perché – si dirà –, rivolgendogli il proprio “essere”, Letiziana va da un filosofo?

Perché il filosofo in questione crede che il compito della filosofia, quando questa diviene relazione d’aiuto, debba essere – come afferma Jaspers - quello della filosofia della chiarificazione,Verklärung, della natura dell’esistenza che, nell’esperienza del mondo, si fa propria, in quanto “riap-propria-rsi di sé”. Si tratta quindi di un prezioso documento antropologico sulla vita lesa, lacerata, di una straordinaria giovane donna, che a suo modo cerca di dare un senso ascendente ad un destino altrimenti troppo discendente. Presenza che riflette su di sé le stesse lacerazione dell’umanità: “mondo” troppe volte lesodall’intolleranza e dall’ipocrisia; mondo che non crede più a un Dio, ma che per questo ora, nel suo essere spaesato, crede a qualunque illusione possa sembrargli l’ultima speranza: l’ultima speranza del ritorno a prima del reciproco abbandono. È grazie allo spaesamento provato da Letiziana (suo malgrado), che la protagonista va alla ricerca di una, ancor, possibile verità, prima che entrambe – Letiziana e la verità - vadano perdute per sempre. Riconoscere questo come fallimento dell’umanità è un atto ancor possibile, l’ultima grande opportunità, seppur nell’attraversamento dei territori della sofferenza (psicopatologica).

Heidegger, nei suoi Beiträge zur Philosophie (1936/1938), esprime bene il suo pensiero a tal riguardo: in rapporto al divino è necessario soffermarsi sull’argomento centrale di quest’opera e della sua stessa filosofia - l’Ereignis - l’evento significativo, o, per meglio dire, l’Essere, Seyn, in quanto Ereignis. Perché l’Essere sia essenzialmente Ereignis, evento, vi coincida, è espresso chiaramente dal viaggio interiore ed esteriore (il viaggio dalla Spagna all’Italia) che vedrà coinvolta Letiziana alla ricerca dell’evento atteso, evento rivelatore della “parusia”, ritorno tanto atteso, l’avvento che, finalmente, renderà vero l’uomo. Cos’è questo Ereignis, evento a molti funesto tanto più ora con la profezia dei Maya, a cui Letiziana va a farsi incontro, che nel romanzo è annunciato dalla profezia apocalittica già nota sin dal 1500 come l’Ottenebramento della mela d’oro?

L’Ereignis è esso stesso la “luce” sicura dell’essenzialità dell’Essere nel più ampio campo visivo dell’intima urgenza dell’uomo privato della sua possibilità di farsi singolo produttore di storia. Ricordiamo che Letiziana è una veggente delle storie altrui, ma in esse stesse, involontaria e impotente veggente dell’attuale fallimento dell’uomo nei confronti del suo poter essere spirituale. L’Ereignis fa luce su un bisogno urgente, e urgente non solo perché ultima occasione prima dell’avvento apocalittico della fine del mondo, l’ottenebramento di cui l’uomo stesso ha timore poiché senza più il “mondo” la sua stessa presenza, il Da, non ha più il senso significativo dell’esser-ci (ilDa-sein heideggerriano).

Perché, quindi, è tanto importante la Luce? La Luce, Licht, s-chiarisce, dirada l’oscurità, la fende, e così come per Maria Zambrano nel suo “Chiari del bosco”, conduce il vegliante (della notte) al risveglio aurorale (Jakob Boheme). Evidentemente l’urgenza, sentita nel romanzo dalla protagonista, è la stessa, di cui anche Heidegger parla nella conferenza L’abbandono: la stessa di cui “soffre” l’uomo contemporaneo avvolto nelle tenebre del proprio fallimento, a lui invisibile. In una radura,Lichtung, che Letiziana aprirà nel proprio cuore, di-radandola, quella Luce attesa che, in un certo modo, arriverà, renderà nitido il senso autentico della presenza umana in questo travagliato mondo. Il Senso dell’Esserci, l’urgenza dell’uomo, delle quali Letiziana è veggente suo malgrado, sono la testimonianza di un bisogno, di una necessità inconfessabile ma che rende esplicita nell’anima dell’uomo una mancanza indicibile, una mancanza angustiante, ottenebrata. È qui che l’Ereignis, in questo caso inevitabile evento apocalittico, getterà luce sull’essenzialità dell’Essere. L’Ottenebramento indica proprio questa mancanza, la mancanza “qui e ora” di «accadimento significativamente virtuoso» nell’uomo espressione della società virtuale, liquida, e in quanto parte, “partecipe” del Tutto. Oltre ad essere la luce dell’essenzialità dell’Essere, e quindi ad essere essenzialmente legato all’Essere, l’Ereignis nel suo accadere, nel suo farsi proprio si rivolge all’uomo, che afferrandolo, com-prendendolo, pro-duce, “porta a compimento”, storicamente se stesso nel proprio destino (divina-azione), fosse soltanto anche, come in questo caso, per condurlo all’autenticità del Giudizio finale. In quest’opera il lettore potrà trovarvi non solo la possibilità di approfondire la conoscenza di questo particolare counseling filosofico - non molto noto -, derivato dalla fenomenologia dei Mutamenti dell’I Ching e dell’analisi heideggeriana della presenza nel mondo,Dasein, ma anche la storia profondamente umana di una giovane madre che, se da un lato, è dotata della capacitàchiaroveggente di aver chiaro ciò che a quasi tutti noi, normalmente, è oscuro, impedito, dall’altro, per sé stessa, sembra, paradossalmente, ottenebrata al punto tale da spingersi pericolosamente sul crinale irrecuperabile della schizofrenia. Pur nel rispetto di ognuna delle due alterne visioni, che hanno segnato la sua storia, precedente agli incontri con Paralinos, il filosofo e counselor tenterà di trascendere l’evidente statolesionato cercando in una terza via l’opportunità di andar-oltre nell’ad-venire trascendente. Egli non sa, lo suppone come “evento” possibile, se tale tentativo possa condurre all’esito di poter almeno suturare la ferita del mal di vivere di cui, Letiziana, è profondamente portatrice fin nell’anima. Invece, quell’andare “oltre” nel tentativo di percorrere una rinnovata via di senso e consapevolezza, condurrà entrambi, e non solo Letiziana, ad elevarsi “molto più in là e molto al di sopra”. Entrambi, ognuno secondo il proprio percorso, giungeranno all’incredibile passo, Lichtung[2], da cui si può accedere ad un livello di religiosità (re-ligo, dal latino tenere insieme) molto simile a quello poi intrapreso dalla filosofa ebrea Edith Stein. Il finale, però, nel rispetto della privacy della consultante, non permetterà di conoscere da cosa – male o malattia - Letiziana sia guarita, o cosa abbia “superato”. Se anche la spiritualità mariana verso cui, come madre, ella sentì la sua esistenza indirizzarsi (non fosse anch’essa altro che un Alto modo di essere altrimenti schizofrenica) è un compito, chiarificatore, che l’autore affida filosoficamente al lettore. E che il lettore se vuole può cogliere per sé come opportunità o sfida.

Ma cosa, in realtà, vuole rappresentare l’ottenebramento della luce? Sicuramente l’angoscia di un certo essere-nel-mondo intollerante che non prevede per i suoi figli l’essere “alla luce del sole” per come la natura di ognun di essi (se libera) vorrebbe, soggettivamente, decidere di essere. Un mondo che storicamente, sembrerebbe, preferire la condanna dei suoi figli più critici alla patologia “dell’esser-contro-natura” da cui, prontamente, con l’opportuna “tecnica”, si incarica, perfetto Ente metafisico, di farsene salvatore; Ente che ciclicamente nella storia dell’umanità ha scatenato sui suoi figli “diversamente autentici” – tra cui, e notoriamente, ebrei, omosessuali e streghe – la sua furia annientatrice. Un mondo inquisitore che ha orrore dei sentimenti e che preferisce l’esser-per-la-morte all’esser-per-l’amore. Sin dalle prime pagine balza agli occhi l’ipotesi o il sospetto che l’esistenza della veggente Letiziana potrebbe essere anche qualcosa di veramente e radicalmente diverso dal caso clinico che, “oggettivamente”, l’avrebbe vista come una tipica border-line. Ma Letiziana è qualcosa di più che non l’insieme della somma dei sintomi e dei disturbi, ivi descritti, sui quali fino ad un certo punto può esercitarsi, con efficacia, la Psichiatria. In realtà essa stessa è lo specchio di un mondo intero dove, naturalmente, sono presenti quel Bene e Male, che è al contempo causa, nel singolo, delle espressioni di quel ben-essere e mal-essere di cui ognun di noi è portatore più o meno consapevole. Mondo in cui le nostre esistenze possono esser-ci, “presenti”, come veritiero progetto gettato oltre l’angoscia della morte che resta pur sempre ad attenderci oltre qualsiasi sole che possa giungere ad illuminare il nostro avvenire. Un progetto esistenziale, quello in cui anche Letiziana è all’opera, attraverso il quale la filosofia dei Mutamenti - l’arte di prov-vedere pre-vedendo il destino - è capace di rendere consapevolmente complementari il tempo e lo spazio, oltre la realtà oggettuale della malattia come espressione fenomenologica della reificazione del “soggetto” umano. A suo modo - l’esser-per-l’altro - e nessuno può affermare se più efficacemente di altri modi, Letiziana si è permessa, accogliendo la sfida, di accettare su di sé il sacrificio (rendere il proprio sé sacro) di andare oltre la ricerca di un senso del destino soltanto, egoisticamente, “proprio”. Ad ogni costo, anche quando un senso sembrava non esserci e il costo essere inaccettabile, mai ella ha smesso di considerare questo mondo “finito” come la migliore delle dimore spirituali per l’umanità. Se in principio era la fine noi non sapremo mai se la meta che ella crederà di aver raggiunto fosse la fine o l’inizio della sua autenticità, tuttavia ciò che conta è che è indubbio quanto la sua esistenza possa esser stata un esempio di tenacia nel prendersi cura di sé e degli altri: la figura di Maria che le sarà al fianco costituirà per lei quel sostegno che la psichiatria non avrebbe potuto mai  pro-curarle. 

Per le problematiche che il testo richiama – la malattia mentale, la chiaroveggenza, le “diversità”, l’impatto della Storia delle tradizioni locali omologanti sulle nostre storie e, poi, la crudeltà, l’invidia l’intolleranza che spesso l’Alterità riserva al singolo (compagnie con cui l’uomo, innocente, sin dall’infanzia ritrovagettata la propria presenza) - il “caso” di Letiziana risulta essere di estrema attualità, in un mondo quello attuale, così inconsciamente incline al baratro dell’alienazione, mentre nel contempo, si fa persuaso di essere all’apice del progresso e della modernità. La storia in cui è anche contenuta la vita di Letiziana, infatti, mette in luce i profondi ripensamenti che oggi investono le “tecniche” scientifiche che hanno per suffisso lo “Psi”, e la necessità di ripensare maggiormente l’uomo interrogandosi nuovamente sulla sua “natura” antropologica - l’esser-ci – piuttosto che considerarlo solo e sempre come un organismo reificato a somma di organi sani o malati da cambiare o riparare. Cosa si intende veramente oggi - dovremmo interrogarci - per malato e sano di mente e quanto ilsano in realtà sia un malato molto pervicacemente strutturato in una società “perfettamente” malata rispetto invece al cosiddetto malato?

Le prassi terapeutiche a volte ci permettono di capire l’uomo più facilmente quando malato, mentre si tenta di mettersi in contatto coni lui per motivi di salute, guardandolo esclusivamente con la lente della “tecnica” attraverso il “come se” della patologia. Ma cosa succede nel momento in cui “quella schizofrenica” chiede di esser “ri-vista” con gli occhi della sua normalità (come nel caso della chiaroveggenza di Letiziana) che a noi forse spaventa, al pari delle trombe di un imprecisato Apocalisse che ella prevedeva prossime a risuonar nel mondo? In quella “schizofrenica”, e con essa ogni soggettività a prescindere dallo stato fenomenologico in cui si presenta, quando vogliamo rivolgerci alla natura autentica dell’essere – verrebbe da chiederci - sappiamo comprenderne veramente il linguaggio in cui, dimorando in esse, si palesa l’Essere?

Heidegger, in una delle sue ultime conferenze, “L’abbandono”, affermò che “Ormai solo un Dio potrà salvarci?” Ma da cosa? Da noi stessi, che, come afferma Jung, abbiamo trasformato gli dei in malattie? L’uomo, in verità e soggettivamente, con la propria veracità, sarebbe capace di plasmare un impero si legge nel 61° esagramma La Verità interiore. Per citare l’ I Ching, Letiziana, infatti, costretta a tacere, conosceva perfettamente i segreti per far fiorire un regno.

Insieme alla protagonista principale, colei che ri-condurrà, pro-ducerà, l’umanità alla Luce dall’umanità stessa ottenebrata, altri due sono i protagonisti principali, che insieme a lei potremmo definire i rappresentanti del bene che trionfa, attraverso l’amore disinteressato per il prossimo. Non parliamo, quindi, del Bene che sconfigge il Male, quanto dell’adoperarsi dell’uomo che si prende cura di ciò che altrimenti condurrebbe alla privazione del Bene. Nell’insieme, si tratta di tre protagonisti che non si rassegnano alla rinuncia dell’Avvento dell’Autentico che ritorna, per sé e tutta l’umanità. L’Autentico per loro ha l’effetto di tenere unito, re-ligo, ciò che altrimenti, prede dell’abbandono, cadrebbero nell’abbraccio, demoniaco, dell’agonia della speranzain un impossibile mondo migliore (prossimo alla fine). Questa ostinazione ad esser veri, continuamente e pericolosamente dimostrata, ovunque il destino finì per condurli, non ha fatto altro che, come per Renzo e Lucia, farli apparire alieni e diversi agli occhi degli umani, ma certamente non a Dio. Tuttavia il Mutamento cui essi anelano non si palesa come l’approdo cui i loro corpi esausti sono alla ricerca. In realtà l’approdo sarà in se stessi, in quella dimora, patria domestica, dove gli esseri non possono prescindere dalla comunione, communio, con gli altri prossimi: esser vicini, prossimi, a loro fratres. Nel loro coraggioso raccogliersi nel tempio interiore, le cui manifestazioni esteriori nel mondo a loro soltanto sono visibilmente comprensibili come dell’annunciarsi dell’Apocalisse, essi sentiranno sempre più l’avvicinamento del momento fatidico, l’Ereignis evento-avvento, come un fatto che, l’umanità giunta a tale impotenza, “solo un Dio potrà determinare”.[3]Letiziana è cosciente che nessuna patria, in quanto fissa e rassicurante dimora, possa essere realisticamente concepibile e quindi nessuna idea di nostos, di ritorno, sia davvero totalmente sostenibile con certezza; anche per Ulisse, in fondo, il ritorno a casa è soltanto il massimo ritorno nella “vicinanza” dell’origine. Il luogo in cui potersi sentire, salvi, a casa, non è dunque, ed ella lo sa, l’origine, ma la vicinanza “al focolare e all’origine”. Ma noi sappiamo che tornare in quella patria col significato di divenir di casa nella vicinanza dell’origine, significa abitare nella vicinanza dell’Essere. “Non aver paura Jesus: ciò che cerchi è più vicino di quanto pensi. - dirà Letiziana al suo compagno di avventura nel massimo momento di sconforto spirituale - Egli già ti viene incontro”.

Ma Letiziana, quella che avrebbe portato sulla propria psiche la ferita della lacerazione, della scissione schizofrenica, sembra essere l’unica capace di intravvedere realmente nell’umanità i germi della Grande Scissione; proprio là, in quella stessacommunio et communicatio che, pezzo dopo pezzo, vede andare inesorabilmente in frantumi nell’approssimarsi della venuta-ritorno, parusia, del tempo finale dell’Anticristo precedente l’Apocalisse dell’umanità. Che fare dunque!? Lei non è il Messia dai pochi atteso. Come un angelo, Letiziana, vola sulle macerie dell’umanità ripiegandosi su ciò che è perduto, su ciò che è andato in rovina ed è ridotto in frantumi. Nel modo a lei consueto, ella vorrebbe confortare il prossimo dall’imminente “pianto e stridor di denti” (Mt.24-51), ma ella non è il Messia! Letiziana non può decidere null’altro che raccogliere a sé quei pochi uomini, gli ultimi, decisi a salvarsi, salvandone con l’anima l’essenza. Il tempo della disintegrazione del mondo e con sé dell’essere è giunto a compimento. Un mondo, kosmos, nuovo s’appresta a cominciare. L’uomo che ne farà parte sarà parte di un nuovo progetto di globalizzazione e integrazione: la “lesione del chiaro” si ricomporrà nell’avvento dell’Allmensch, l’essere globale che sarà insieme terrestre e celeste. L’evento,Ereignis, potrà compiersi e tutto sarà come prima del tempo dell’Ottenebramento della Luce. L’Ottenebramento, infatti, era il tempo della veglia, Aufkläruung, nell’attesa del ritorno della Luce, quella autentica che era prima.

Il mondo tornerà al suo antico silenzio per sette giorni come all’inizio primordiale, in modo che nessuno venga dimenticato, e dopo sette giorni accadrà che l’età non ancora sveglia si desterà, e perirà quella corruttibile; la terra restituirà coloro che ora dormono in essa, la polvere coloro che vi abitano in silenzio, i depositi le anime che sono state loro affidate e si rivelerà l’Altissimo sul trono del giudizio” (4 Esd. 7, 30-33).

 Ed ecco in fine, la speranza esaudire la loro volontà: l’esistenza si fa premio, e quell’evento atteso, instancabilmente richiamato, sarà unicamente ciò che doveva accadere. Il Dio dell’amore e della speranza manifesterà proprio a loro il Senso dell’Esserci. Soltanto a loro, e da quel momento le tenebre arretreranno e la Luce tornerà a risplendere nell’infinito e su un “nuovo mondo”. L’essere e il tempo convergeranno nel cuore dell’uomo e i tetri servitori della Morte, colmi di terrore, arretreranno nel nulla all’avanzar dell’uomo nel mondo promesso e storicamente realizzabile. A cosa serve dunque L’Ottenebramento della Luce? A dirci che, ora, l’essere non ha più tempo da perdere nell’adorazione dei luccicanti mondi della falsità: chi “è stato” di tempo ne ha avuto a sufficienza. “Chi è” ne colga appieno la grande opportunità: in chi “sarà”, infatti, l’Essere splenderà nel qui e ora, infinito come sempre.

N.B.: Non fate troppo caso alla seguente iscrizione. In omaggio alle proprie origini sefardite, Paràlinos, in realtà, arrivò a credere che il suo L’Ottenebramento della Luce  non fosse altro che unLibro dello Splendore.

 

“Il libro «Zohar» riflette la luce della Madre suprema, fonte della penitenza. Gli israeliti che studieranno questo libro gusteranno l'albero di vita e non avranno più bisogno di essere messi alla prova. Zohar libererà in modo miracoloso Israele dall'esilio, e così si attueranno le parole della Scrittura: "Il Signore solo sarà sua guida, né vi sarà con lui Dio forestiero". In tale epoca Israele non dipenderà più dell'Albero della conoscenza del bene e del male; non sarà più sottomesso alla legge che stabilisce ciò che è permesso e ciò che è proibito, ciò che è puro e ciò che è impuro; perché la nostra natura ci deriverà dall'Albero della vita, e non vi saranno più né domande per parte dei cattivi né controversie suscitate dagli impuri, verificandosi ciò che sta scritto: Io farò sparire lo spirito impuro dalla superficie della Terra.”

Questo è il motivo per cui alcuni lo sentiranno recitare il Salmo 36: “Il premio del giusto e la condanna del malvagio”. Nel Libro dello Splendore si narra che quando Eva subì la tentazione del serpente e si avvicinò all’albero della conoscenza, l’albero recitò i versi del salmo 36:

“Non mi raggiunga il piede del superbo e le mani degli empi non mi scaccino. / Ecco sono crollati i malfattori, abbattuti, non possono più rialzarsi…”.



[1] Modernità liquida: espressione tratta da “Modernità liquida”, Laterza. Saggio del sociologo ebreo-polacco Zygmunt Bauman in cui l’attuale società globalizzata viene tratteggiata con i tratti sempre meno solidi, solidali e concreti dei punti tradizionalmente di riferimento per l’essere umano (sempre più in balia dello spaesamento dell’essere), sia in ambito socio-economico che psico-affettivo. In questo senso anche ciò che prima, a torto o a ragione, poteva apparirgli stabilmente delineato nei termini delle definizioni ora appare più incerto, sfumato, liquido, appunto.
[2] Luogo della rivelazione, “radura” della trasfigurazione e nascondimento dell’Essere, secondo Heidegger.
[3] Martin Heidegger, da la conferenza L’abbandono.

 

Lino Carriero, romano, naturopata e psicologo di fama nazionale, si occupa di consulenza filosofica e I CHING. Ha pubblicato diversi libri, tra cui, nel 2009, il romanzo “ "L’ottenebramento della luce". Vedasi www.linocarriero.com/