Ines Cavicchioli
La sua vita nei miei occhi
Doveva dirle che accettava di andare a stare in un ospizio per vecchi, così finalmente l'avrebbe sollevata! E poi dicono che in questi posti si sta bene. Ci sono altre persone come te, con i tuoi problemi. Ci sono le infermiere che ti aiutano a fare tutto, il cibo é abbondante, ci si riposa. Doveva dire a sua figlia che non si sentisse in colpa ad allontanarla da casa, che era lei a volerci andare, ci aveva pensato e le pareva la soluzione più giusta.
Ancora un inverno, va bene? Pochi mesi soltanto per abituarmi all'idea che non mi vuole più nessuno e poi...
Passarono così in fretta! Si ritrovò con una valigia di abiti che non le servivano a niente, a riempire il piccolo armadio a due ante nella sua nuova stanza.
Che odore di muffa c'era lì dentro! Sul comodino aveva messo la foto di sua figlia col cane.
" Ti farà compagnia mamma, mentre prendi sonno!"
La camera aveva un piccolo balcone proprio difronte al giardino. Non era il suo, ma gli alberi erano verdi lo stesso. Il letto ad una piazza, lo stuoino, anche il bagno c'era nella stanza e uno specchio alla parete per vedere la sua faccia avvizzita.
I capelli erano rimasti grigi, non bianchi e l'infermiera glieli pettinava ogni mattina con cura.
C'erano le ore per stare con gli altri, in refettorio, a guardare la Tv oppure per le cerimonie dei pasti. Si mangiava bene. L'unico piacere di quel posto. Daccordo, c'erano anche le visite di sua figlia, veniva almeno due volte a settimana. Com'era carina!
Le portava tutto ciò che le serviva e poi sempre a chiederle se si trovava bene, se era serena. Che poteva dirle mai?
Stò bene, non preoccuparti. Si sentiva inutile invece, più ancora di prima. Doveva spartire il tempo con tutti quegli estranei!
In comune avevano solo gli anni e forse la tristezza e siccome non c'era niente da fare tutto il giorno, Maria cominciò a raccogliere sassi.
Ne metteva dappertutto, nelle tasche, dentro i cassetti, nella borsetta che portava con sé, regalo di sua figlia.
" Ti fà una vecchietta elegante, mamma. Non hai mai posseduto una borsa, é tempo che tu ne abbia una."
Più che il fazzoletto non sapeva che metterci. Ah sì, ci teneva qualche fototessera. Una sua, un'altra dei suoi figli e poi quella del marito, quand'era giovane. Non faceva che guardarsele tutto il giorno o mostrarle agli altri vecchi, soddisfatta. Si scambiavano la vita in poche istantanee, facendone il riassunto, né la loro attenzione poteva durare più a lungo.
Il portamonete non aveva soldi dentro, così lo riempiva di quei piccoli sassi e fingeva di poterci comprare le cose( o ne era convinta?). Il suo mondo dentro una borsetta.
Era piccolo se ci stava tutto! Non sarebbe stato d'ingombro una volta che se ne fosse andata!
La domenica tornava a casa, al paese. Le faceva un effetto andare al cimitero a trovare i suoi morti, quando le gambe glielo permettevano e, seppur lentamente, riusciva a camminare adagio sino alla cappella. Sua figlia la conduceva sottobraccio là dove c'era l'intera sua famiglia.
A Maria s'illuminava lo sguardo, ritrovandoli tutti lì, uno dopo l'altro, nelle fotografie sul marmo, come li ricordava. Ritornava nella sua prigione dorata dopo pranzo, e quei ritorni in macchina erano sempre muti e brevi.
" Ti aspetto, bambina mia. Vieni quando vuoi! "
Sapeva che sarebbe venuta, come sempre, puntuale. Almeno su questo poteva contarci. Suo figlio no, invece. Erano anni che non vedeva Carlo.
Da un maschio non ci si può aspettare affetto e costanza. Somiglia a suo padre, incapace anche lui di volere bene. Una vecchia madre d'intralcio, questo sono per lui!
Quando aveva di questi pensieri, non scendeva dal letto per l'intera giornata.
" Sù, Maria, scendi almeno per mangiare! " insistevano le infermiere, con la loro santa pazienza. Niente da fare. Non rispondeva. Lunghe ore di abulia, finché non le tornava un pensiero positivo.
Poteva essere un sassetto colorato, il canto di un uccello, il fatto che era sabato e domani avrebbe rivisto sua figlia. Allora si faceva fare il bagno, cambiare d'abito, lavare i capelli, si tagliava anche le unghie e s'appuntava l'unica spilla che possedeva sul risvolto del vestito, poi sedeva ad aspettare. Dal giorno prima. Finalmente arrivava e per lei era una festa grande.
Un'altra settimana da aspettare, pazienza.
Non aveva mai avuto problemi di salute, dacché era lì. Gli altri vecchi invece, all'improvviso non li vedevi più in salone, Solo dopo ti dicevano che erano morti. Come si fa in fretta!
Fu un attimo quella mattina anche per lei, quando cadde per terra. Non respirava più. L'infermiera le premeva forte sul petto.
" Dai Maria, non farci questo scherzo! "
Che lumicino piccolo, lontano!
La portarono un'altra volta in ospedale con l'ambulanza. Sua figlia la raggiunse un'ora dopo, quando ormai il pericolo era passato. Maria aveva il suo sorriso rassicurante sul volto.
Allora ce la faceva ancora a mascherare bene!
" Che paura mi hai fatto prendere, mamma! "
Come farò a lasciarla? Mi dispiace tanto bambina mia, ma non posso più rimandare. Tua madre é vecchia e stanca.
" Vedrai che starai meglio e domenica ti porterò a pranzo a casa! "
Che fatica quei giorni nella corsia d'ospedale! Altri farmaci, iniezioni, controlli. Basta, lasciatemi stare!
La dimisero di venerdì e fuori c'era il sole. Gli altri vecchi, nel rivederla, si stupirono come se avessero visto un marziano. Le infermiere la portarono subito a letto, doveva riposare.
Il suo respiro era fioco. Ci siamo, pensò, questa volta.
Quando venne sua figlia ad augurarle la buona notte, le ripeté col poco fiato che aveva in gola che l'avrebbe attesa senz'altro l'indomani, che venisse alla solita ora.
Dormì poco quella notte. Doveva prepararsi, essere pronta quando fosse giunta la sua ora.
Passò il medico a controllarle la pressione. Era troppo bassa.
Domani é domenica, viene mia figlia!
Chiamò l'infermiera all'alba perché le facesse il bagno.
" Maria, fà lo stesso. Sei già bella così e pulita! "
" Mettimi il vestito nuovo, quello che mia figlia mi ha comprato a Natale. Cosa dici, sono da tagliare i capelli? "
" Maria, non stai bene, non devi strapazzarti. Con quello che hai passato..."
" Devo essere pronta. Accontentami."
Fece tutto ciò che doveva e alle otto era già di sotto, pronta, seduta in silenzio ad aspettare sua figlia.
" Mancano due ore ancora! Stenditi un altro poco! " le disse l'infermiera, comprensiva.
" Adesso arriva, deve trovarmi pronta..."
Non riuscì a finire la frase. In un attimo divenne tutto buio.
Si muore così, senza luce. Peccato, non ho fatto in tempo! Così questa carcassa era la mia? Com'ero diventata vecchia e brutta!
Mi sento leggera adesso, dov'é finita tutta la stanchezza? Oddio, guarda, sono io quand'ero bambina! Allora sono stata piccola!
Non me ne ricordavo. E questa sono sempre io nel letto, ammalata di tifo. Ancora io che piango perché é morta la mia mamma.
Io che sono cresciuta, io che partorisco un bambino. Io da sola, con gli altri, in bottega. E' la mia vita allora? E va così veloce?
Eppure ci ho messo tanto a viverla! Ero così stanca. Cosa succede adesso? Dove vado? Le gambe mi seguono senza fatica.
Mi sento leggera, come sono stata da piccola, quando mi sollevavano in alto per farmi toccare il cielo con la mano. E' la stessa impressione anche adesso. Cosa vorrà dire? Non fatico nemmeno più a respirare. Le mie mani... non le vedo, eppure le sento vive, sono morbide, la pelle é tenera e sottile. E' come se non fossi più me stessa. Come sono dunque gli angeli? Hanno le ali e i capelli biondi? Dio, ti prego, fà che questa visione continui...
Il mondo laggiù é così piccolo ed insignificante rispetto a questo. Non mi lasciare proprio adesso che sto arrivando! Buon Dio, credo che sia una buona morte la mia...
E se ne andò, mentre sul suo corpo s'affannavano il medico, le infermiere e gli altri vecchi, neanche stupiti d'altra parte.
" Tanto, prima o poi, tocca pure a noi. Stiamo solo aspettando che venga la nostra ora."
Sua figlia arrivò un quarto d'ora dopo e, vedendo l'autoambulanza giù nel cortile, aveva già capito. L'aveva capito da come la guardavano entrando, dallo sguardo di partecipazione e d'imbarazzo che riconosceva nei loro volti, dal crocchio di poveri vecchi che si era formato attorno a lei...
Era lei, non c'era dubbio, ma la sua immobilità gliela rendeva innaturale.
" Mamma, dove te ne sei andata? "
Le pareva di udire la sua voce che la rassicurava.
" Sono qui, bambina mia, ti resterò comunque vicina."
E da quelle lontananze mute ed infinite sua madre finalmente era ridiventata una bambina.
Aveva ritrovato l'infanzia del cuore smarrita molto tempo prima, la luce verde negli occhi, l'espressione fragile e indifesa.
Non c'entrava niente, lo sapeva, eppure sua figlia colse per Maria una margherita, piccola e ancora in boccio, nel prato d'erba là fuori. Gliela infilò nell'asola del vestito perché portasse con sé, ovunque fosse andata, la primavera del suo mondo che, come sempre, era ritornata.
Ines Cavicchioli è nata in provincia di Ferrara, mentre il Sole era nel segno del Leone. Dirigente Scolastica, Psicopedagogista e Counselor, regista e attrice di teatro, scrittrice e scultrice. Ha pubblicato numerose raccolte di versi, articoli e saggi critici su varie antologie letterarie e riviste specializzate, tra cui “Lunæ. Fasi di consapevolezza”, Este Edizioni, 2009.