Gianfranco Corona
SFUMATI BAGLIORI
Inarrestabile
è questo accumulo di echi,
sono stati buttati dentro …
Ho sentito quell’odore.
L’inatteso bagliore è
un confidente dimenticato.
La debolezza,
non è rassegnazione
contro ogni volontà
la ferita è affamata di suggestioni,
né segreti,né ingiunzioni di pensiero,
quell’esperienza fruga,
nei giovani intenti,
con sospirata intensità.
Erano famosi quegli angoli
di spiaggia
cartoline ingiallite.
Bei tempi.
QUALCOSA D’ INSOLITO
Mordendosi le labbra,
il viaggiatore con disinvoltura
si tuffò nel tormentoso pensiero,
nelle apparizioni invocate.
L’occasione procurò l’impulso
a rinchiudersi,
schiacciando il paesaggio
frastornato da riflessi furtivi.
Quell’idea cominciò a scorrere …
lasciò il finestrino aperto,
non spalancò le braccia,
qualcosa d’insolito
lo fece partire.
LA TUA TRACCIA
Non è facile
arrampicarsi sul grembo di te,
madre,
spaventato,con la freddezza
desolante della tua malattia.
Fu quella luce
nel silenzio
a scavalcare la tua stella smarrita,
dondolando come una foglia
spezzata sulla strada.
E’ di ottobre
questo lamento
che mi appartiene,
dentro i miei pensieri.
Lo conservo,
come un ritmo
intransigente del mare
che sento
come una tempesta
nella mia consapevolezza.
Ma il miracolo c’è,
è questo legame
che irrompe inesorabile
in questa stanza
come il soffio leggero
del tuo respiro,
è una traccia
che ha sfidato la morte.
IN MORTE DI UN POETA
Nessuno sa
del rimorso continuo,
dell’indifferenza,
del fluido deturpato
che immerge
generazioni inerti
portando lettere
e testamenti.
Qui scorre il calore
del corpo pulsante,
è solo una torcia
che al mattino
si spegne.
Dormono
spasmi perduti ,
nemmeno il male
si è consumato.
E’ un deserto di parole
quella dannata platea,
nel profondo canto di sirene
ho ritrovato il mio pensiero
solitario.
E’il mare che minaccia
la quieta morte
del poeta.
GLI INTRIGHI INSOSPETTABILI
Un risolutivo inganno
si allarga
dopo un’irregolare mutazione,
come un gioco
senza energia.
Mi concedo
una notte di peccato,
nella diversa primavera
che asciuga il vento
la memoria
e percorre i disinganni
passeggeri
di una illusione.
Era un condizionamento
spirituale,
che crea un energico sapore,
una forza di pulsioni
chiamata
a sviluppare le ragioni.
Nemmeno si presentò,
invisibile,
ad ironizzare le passioni
scandite sull’erba fresca
nelle profondità della sofferenza,
a ributtare dentro
gli intrighi insospettabili.
SONNO
Dormi
nella stanza
e il tuo sonno
finisce per emozionarmi.
Questa luce della lampada
accende
un regno,
lungamente pensato
dentro l’estate,
e avanza
un sottile percorso
come un viaggio graffiato.
Si sofferma
e si tuffa nel mare segreto,
più forte
del sonno rugoso.
Come un gioco,
vivo tra le pieghe
inviolate del sogno
oltre le nebbie mattutine
a liberarmi.
INDOMITO SOGNO
Nello scricchiolio
ingannevole
della notte,
m’aggiro
addomesticando
il sogno.
Questo impeto serale,
nuovamente toccato
con i colori traslucidi
delle strade,
a riconoscere
le certezze distese
negli sguardi
attraversati
da un sottile mistero.
Che importa
se la città corre
sapendo di un paradiso nascosto.
Non mi sveglierai …
camminiamo
avvinghiati
a spezzare
le insonnie irrequiete,
sommerse
dai palpiti consumati
sulle strade.
Quando l’assedio
di echi
ondeggia ad intermittenza
disponendo
le vibrazioni
dei ritorni.
ALTRI SUONI
Non ti accorgi
che la sofferenza
rigenera
il fragore delle ali,
e nella stanza
ripercorre il grido.
Arriverò con altri suoni
a risvegliare
il sonno scomodo,
quando la mente scricchiola.
Se solo potessi capire
questo volo …
anche se gli angeli a volte tremano,
ritrovandosi soli.
Ho aspettato in silenzio,
sul suo prato …
non era la notte
a farmi paura
è forse un inganno..
smarrisco la memoria,
ipotesi …
quando non si possono
distendere le ali.
GUARDANDO IL CIELO
E’ come se la notte scegliesse me,
con un sorriso
e l’intensità forte delle stelle,
come se volesse riavvicinarmi
al linguaggio impercettibile del buio.
E’ una scossa che divora
l’eccitata luce sopra l’onda.
E’ l’estate che si apre
alle ballate sulla spiaggia,
alla poesia del mare.
E’ l’ebbrezza che muove i sensi,
come il ruggito strano
della mia rabbia
che s’innalza lungo il muro.
Non ritrovo la dolcezza
c’è solo una ferita che arde
come insonnia
quando frantuma armonie di sogni.
E’ l’ora
mi aggancio guardando il cielo
all’incespicare che influenza le illusioni.
Le finestre della stanza
sono come un mistero stretto nella mente.
Sussurro …
A volte mi abbandono senza silenzio
Nemmeno il vento ritrova il mio spirito.
SOTTO UN PORTICO SOLITARIO
Ho ritrovato
sotto un portico solitario
l’inizio della mia idea,
lottando come inseguitore,
di stelle e ruote improvvisate,
sottolineando tra le pagine
i muri spezzati
da un viaggio tremolante.
Qualche richiamo
è nella piazza grande
dove statue viventi
giocano senza movimento
accartocciate dall’indifferenza.
IN CHIAVE DI FAVOLA
Questa è presunzione
di una memoria storia.
Dovrebbe essere possibile
difendere
l’utilità della conoscenza,
per ripartire
con forza
a rispettare l’esperienza.
Come il trascinare del fiume
nella nudità sconvolgente,
e sentirsi rinnovati
nei riflessi interminabili
quando le nostalgiche favole
sembrano la chiave
decifrabile
dell’immaginario.
CLAMORE D’AURORA
Nell’estensione torbida della città
tra le strade ferite,
ultimo spavento in un cortile aperto.
Aspetto …
quel piccolo mondo
risollevato nella mancanza
di avventure.
Mentre volano fantasmi
oltre le trasparenze di un’ora
impercettibile.
Non dimentico …
Di essere qui
ad inseguire i giorni
come un soffio
riciclato dal vento.
Quale clamore
avrà questa aurora
intrecciata da mani sui muri,
è una barca stanca
al margine dell’infinito.
Tutto già visto,
un gioco disperato
che inghiotte i colori dei sogni.
Un’altra occasione
è sul ghiaccio rovente
di questa notte.
Ci sono anche voli …
SENZA CORRENTE
Non puoi vedermi
perché mi appoggio
a questa presenza
che si accende
senza corrente.
L’attesa strappa
Alla gioia
un tedioso rintocco
che inseguo
come strano miracolo,
solo attraversi
la notte.
Resterò in questi confini,
assillanti,
così sicuro
di rimuovere il buio.
COME UN GABBIANO SENZA VOCE
Ogni volta che pensavo
ad un miracolo
era un groviglio di luce
nel disordinato infinito
di una riva
Sempre nuda
a sorseggiare l’acqua
come un gabbiano
senza voce.
Una brezza leggera c
che ha sconvolto il mio cielo
giocando con nuvole e stelle,
ha finito il mio inverno
contro gli scogli …
in un mare …
dentro un mio paesaggio.
E diversa quell’onda lontana
che ferma ogni tempo,
per poi fuggire
inghiottendo notti
che sanno di vento.
IN ALTO
Ho continuato
a chiudere il volo.
Potrebbe nascere
il vento,
dove corrono le immagini
e i suoni stanchi del mattino.
Sto scrivendo il tuo cammino
attorno ad alberi immobili
ma volano aquiloni alti
tra correnti di bufera.
Non pensi mai che anche il tempo
sia senza ali.
IL RIFUGIO DEL VIVERE
Ma quale profondità.
Il rifugio del vivere,
è ingiunto dal trucco
di una interpretazione
è ingerito in una immaginaria conoscenza.
A volte mi spoglio
dei sogni sconfessati.
Ricordi, il messaggio
è ancora qui,
invecchiato
e distrutto dall’alibi
della dolcezza,
quale silenzio
ha fame dell’incauto
rincorrere degli occhi.
Dove la tenerezza inestinguibile,
ricomincia
a manifestare
la dannazione
fuori dalla rete
abbandonata
che il vento inutilmente slega.
Mentre una musica stanca
è un testamento
di pietosa spavalderia.
VIVRO’
Così
si spegne
il dolore nei viottoli
Sento risate
voglio allegria
abbandonato al mio mondo.
Non dimentico
le mie stanze deserte.
Solo la musica
può uccidermi
il tempo solo ferire
e mettere ali alla malinconia.
Andrò verso fanciullezze
nuove e dispettose
a ributtare i silenzi ansiosi.
Quando l’indesiderata noia
mi assalirà
sporca di luce
inghiottendo
l’essenza irrequieta della vita
vivrò.
TRAMONTO DI VITA
Solo gli sguardi smarriti
dentro il mare
ingannano le passioni,
le luci spente e accese
di un pazzia che sorride.
Come veleno
quest’acqua rinasce,
dimenticando il tempo,
è la giovinezza consumata
questo tramonto di vita.
Solo gli sguardi smarriti
dentro il mare
ingannano le ombre, di notte
mentre i deserti di spettacoli
senza palcoscenico
danno il senso di festa.
UN’ECO DELLA MEMORIA
E’ di nuovo
inghiottito
questo testimone
deturpato,
da questa primavera bruciante,
investito da colori
da amori.
Spazzati, stuprati,
affannosamente
sovrapposti ad ossessioni.
Come se le pulsioni
incontrollate
di eserciti
ricostruissero muri,
tra gente ammassata
deportata.
Quanti destini confusi,
nell’irreparabile irruzione
di un cammino,
quando l’angoscia
appare come eco
in una stanza
e mette radici
percuotendo
la memoria.
COMPLEANNO
Questa bufera degli anni
questa attesa rinnovata
movimento
di un pensiero scardinato
tormentato.
Ho evocato la perdita
Delle mie stagioni
riguardando la cristallizzazione
di immagini morte /vive.
Questo scrupolo
riportato alla luce
nel quotidiano sforzo
di essere tra gli immortali.
Questa pioggia s’infittisce
Intersecando
freschezza / inganno.
E’ un alibi
l’euforia dell’estate.
Forse il riposo
di spiagge lontane
attenua
questa nebbia /corpo
reale essenziale.
GIANFRANCO CORONA è nato a Codigoro (FE). Svolge attività letteraria di poeta e scrive dall’età di 13 anni; vive a Bologna. Nel 1984 l’Unità ha pubblicato alcune sue liriche nella rubrica ”Fatti in poesia” curata da Roberto Roversi. Fa parte del gruppo (Promozione Culturale) “ASSOLUTAMENTE AZZURRO”. E’ inserito in varie antologie poetiche e alcune riviste letterarie, inoltre ha presentato le sue poesie in varie performance. Per la sua attività poetica ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti. Ha pubblicato varie raccolte di poesia, tra le quali ricordiamo “PERCHE’ RITORNI L’ALBA” (1978),”SE L’INVERNO NON VUOLE MORIRE” (1980),”POeSIA” (1993),”I R-UMORI DELL’ANIMA” (1995). A gennaio 2011 è uscito ed. Albatros “IL RISVEGLIO DELL’ALBA”. A giugno 2011 è stato intervistato nelle trasmissioni televisive “SE SCRIVENDO”, ”BOOKSHELF trasmesse su SKY canale 830.
Gianfranco CORONA
Via G. Dossetti, 8
40128 Bologna
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