Lino Carriero

Bellezza

Baratto

Falsità, ipocrisia, opportunismo

scolpiscono
i cremosi visi raggrinziti
dalle rughe pendenti,
i corpi scheletriti, rinsecchiti o bulimici
con le schiene curve e ritorte,
le pance e i culi di pietra...
palestrati o flaccidi
non hanno più nulla da dare,
solo da prendere
in assenza di generosità.
Nei loro abiti e gingilli alla moda
camuffano la nuda miseria.

Zombi senza vita,
che si celano
dietro la maschera,
abbandonati dalla passione
e dall'amore.
Han preferito vivere
di finzione e convenienza,
di simulacri e feticci.
Nullità perdute
nel baratto economico
per la propria vita.
(Parma, 26/06/2011)

Luigi Boschi

Il tema della bellezza che oggi poniamo, prendendo spunto dal grido di dolore del poeta, e` stato nei secoli tanto affascinante quanto lo è banale oggi. Così come Heidegger in Essere e Tempo, anche noi ci vediamo costretti dalla banalità dell’“essere” odierno, ad interrogarci su che si crede di sapere. Ironia della sorte mentre Heidegger si rammaricava che questo credere di saper sull’essere sia stata soltanto un’ingenua operazione metafisica, la bellezza che per eccellenza ha aperto l’anima ad orizzonti metafisici, o quantomeno poetici, è divenuta oggi esclusivamente un factum puramente fisico. Il poeta accenna alla bellezza come ad uno strumento di baratto economico. Probabilmente le anime delle varie “Ruby del potere” non si accorgono della presenza del demonio intorno ai loro ingenui baratti.

“Perché – si chiede il filosofo greco[1] - è chiaro che voi avete una lunga familiarità con quello che propriamente intendete quando usate l’espressione “essente”, ma noi, una volta abbiamo sì creduto di saperlo, ora però siamo caduti nell’imbarazzo.”

“Forse che noi – continua Heidegger – abbiamo oggi una risposta alla domanda, che cosa propriamente intendiamo col termine “essente”? Niente affatto. E allora è innanzitutto il caso di risvegliare una qualche comprensione del senso di questa domanda.”

Oggi, che suscitare o provare imbarazzo per qualcosa è una rarità; oggi, che re-suscitare o ri-provare a scalare le vette invisibili dell’anima metafisica è un’assurdità, oggi ci chiediamo cosa possa esserci (che ci fosse stato un tempo) dietro alla bellezza. Non troveremmo dietro alle fiale del botulino altra presenza significativa della fottuta angoscia di esser-gettati, nostro malgrado ma così vuole madre natura, nel mondo del tempo: il tempo degli anti-age.   

Ma qualcuno so che tra di voi non si accontenta della mediocrità di un così basso livello e non la invidia neppure quando riscuote maggiore successo rispetto a un qualcosa di “autenticamente” bello, bello quanto le fiere contorsioni del tronco di un olivo centenario che, piegando l’essere-ci, si è adattato alle esigenze temporali del divenire. Quando capita, seppur raramente di scorgere quel qualcuno, lo si può vedere risalire dalla bellezza verso il Bene. Ma se fosse l’anima a tender il  vostro osservazione: attenzione, potreste uscire dal mondo delle rappresentazioni fisiche! Chi l’ha fatto sa cosa voglio dire.

Bisogna dunque risalire verso il Bene, che è ciò a cui tende ogni anima. Chi l'ha visto, sa cosa voglio dire, e in che senso esso è bello. Come Bene, è desiderato e il desiderio tende verso di lui;
ma lo si raggiunge solo risalendo verso la regione superiore, piegandosi verso di lui e spogliandosi
dei vestiti indossati nella discesa. Nello stesso modo chi sale ai santuari dei templi deve purificarsi,
deporre i suoi vecchi abiti e avanzare nudo; e infine, abbandonato lungo questa salita tutto ciò che è
estraneo a Dio, può guardare da solo a solo nel suo isolamento, nella sua semplicità e purezza,
l'Essere da cui tutto dipende, verso cui tutto guarda, perché è l'essere, la vita e il pensiero; perché è
causa della vita, dell'intelligenza e dell'essere. Se lo si vede, quest'Essere, quale amore e quale desiderio sentirà l'anima che vorrà unirsi a lui! E quale emozione accompagnerà questo piacere! Infatti colui che non l'ha ancora visto, può tendere verso di lui come verso un bene: ma colui che l'ha visto, lo amerà per la sua bellezza, sarà colmo di
commozione e di piacere, di gioioso stupore, di amore pieno e desiderio ardente. Dimenticherà gli
altri amori e disprezzerà le pretese bellezze da cui prima era attratto. E' questo che provano tutti coloro che hanno conosciuto le forme divine o demoniche e non ammettono ormai la bellezza degli altri corpi. Questo crediamo che essi provino, se hanno visto il bello in sé in tutta la sua purezza, non il bello che è appesantito dal corpo e dalla materia, ma quello che - puro - è al di sopra della terra e del cielo. Tutte le altre bellezze sono acquisite, non pure, ma
frutto di un misto, non originarie: tutte vengono dal puro bello in sé. Se dunque si vede il bello in sé - che dona la bellezza ad ogni cosa pur restando puro in se stesso e senza ricevere nulla dall'esterno - non si resterà forse in questa contemplazione godendo in lui? Quale bellezza ci mancherà ancora?

E' questa infatti la vera e originaria bellezza che rende belli coloro che la amano e degni di essere a
loro volta amati. E' qui per l'anima la più grande e suprema battaglia, per la quale essa concentra
tutti i suoi sforzi, per non restare senza la più alta delle visioni. Se l'anima raggiunge questa meta,
allora è felice grazie a questa visione della bellezza; se non la raggiunge, è davvero infelice. Infatti
chi non sa godere della bellezza del colore e dei corpi belli non è più infelice di chi non ha potere, o
di chi non ha fatto carriera, o non è un re. Infelice è colui che non incontra affatto la bellezza, e lui
solo. Per incontrarla, bisogna lasciare là dove sono i regni e il potere dell'intera terra, del mare e del
cielo, se grazie a questo abbandono ci si può volgere nella direzione che permette di vederla.

 Qual è dunque il modo per ottenere questa visione? Quale il mezzo? Come potremo contemplare questa bellezza immensa che resta in qualche modo protetta nell'interiorità del suo santuario e che non si mostra all'esterno perché i profani possano vederla?

Suvvia, chi può vada dunque e la segua fin nella sua intimità: abbandonata la visione sensibile, che è propria degli occhi, non dobbiamo rivolgerci più verso lo splendore dei corpi che pure prima ammiravamo tanto. Infatti,
se pur osserviamo la bellezza dei corpi, non dobbiamo rivolgerle la nostra attenzione, ma sapere che
essa è un'immagine, una traccia, un'ombra: dobbiamo invece rivolgerci verso quella bellezza di cui
la bellezza dei corpi è immagine. Chi infatti si rivolge alla bellezza sensibile per conoscerla come se
essa fosse in sé reale, sarà simile all'uomo che volle vedere la sua immagine bella riflessa sull'acqua
(come la favola, credo, lascia ben intendere). E così cadde nell'acqua profonda, e sparì. Allo stesso
modo capita a chi si lascia attrarre dalla bellezza dei corpi e non l'abbandona; non sarà però il suo
corpo a cadere nelle profondità oscure e funeste per l'intelligenza, ma la sua anima: egli vivrà con le
ombre, cieco abitante dell'Ade. Rifugiamoci dunque presso la nostra cara patria: ecco il vero consiglio che dobbiamo darci. Ma come potremo rifugiarci là? Per quale sentiero risalire alla nostra meta? Faremo come Ulisse, che
fuggì - dicono - dalla maga Circe e da Calipso: egli non volle rimanere presso di loro, malgrado il
piacere degli occhi e tutte le bellezze sensibili di cui poteva godere presso di loro. La nostra patria è il luogo da cui siamo venuti, e nostro padre è là. Cosa sono dunque questo viaggio e questa fuga? Non lo compiremo con i nostri piedi, perché non si tratta di passare da una terra a un'altra. Non si tratta di preparare dei cavalli o una nave, ma di distogliere lo sguardo dalle realtà sensibili e, chiusi gli occhi dinnanzi ad esse, cambiare questa maniera di guardare con un'altra. Si tratta quindi di risvegliare in noi un'altra facoltà, che tutti possediamo, ma ben pochi usano.

 Che cosa vedono dunque questi occhi interiori? Appena risvegliati, certo non possono sostenere la vista delle realtà luminose. Bisogna abituare l'anima pian piano a osservare dapprima le belle abitudini di vita, poi le opere - e non intendo gli oggetti materiali prodotti dal lavoro dell'artigiano, ma le azioni degli uomini buoni. Subito dopo, bisogna educarci a osservare l'anima di coloro che compiono azioni belle. Come si fa a scrutare dentro l'anima di un uomo buono per scoprire la sua bellezza? Coraggio, ritorna in te stesso e osservati: se non vedi ancora la bellezza nella tua
interiorità, fa come lo scultore di una statua che deve diventare bella. Egli scalpella il blocco di
marmo, togliendone delle parti, leviga, affina il marmo finché non avrà ottenuto una statua dalle
belle linee. Anche tu, allora, togli il superfluo, raddrizza ciò che è storto, lucida ciò che è opaco perché sia
brillante, e non cessare mai di scolpire la tua statua, finché in essa non splenda il divino splendore
della virtù e alla tua vista interiore appaia la temperanza assisa sul suo sacro trono.

La tua anima si è così trasformata? Ti vedi in questo modo? Hai tu con te stesso un rapporto puro, senza che alcun ostacolo si frapponga fra te e te, senza che nulla di estraneo abbia inquinato la tua purezza interiore? Sei tu, interamente, divenuto splendente di pura luce? Non una luce - dico - che si può misurare per forma o dimensione, che può diminuire o aumentare indefinitamente per grandezza, ma una luce assolutamente al di là di ogni misura, perché essa è superiore a ogni grandezza e a ogni quantità? Riesci adesso a vederti così?

Tu stesso allora sei divenuto pura visione, vivi presso te stesso e, pur restando nel mondo di quaggiù, ti sei innalzato interiormente. Allora, senza più bisogno di guida, fissa il tuo sguardo e osserva.

Il tuo occhio interiore ha dinnanzi a sé una grande bellezza. Ma se cerchi di contemplarla con occhio ammalato, o non pulito, o debole, avrai troppo poca energia per vedere gli oggetti più brillanti e non vedrai nulla, anche se sei dinnanzi a un oggetto che può essere visto. Bisogna che i tuoi occhi si rendano simili all'oggetto da vedere, e gli siano pari, perché solo così potranno fermarsi a contemplarlo. Mai un occhio vedrà il Sole senza essere divenuto simile al Sole,
né un'anima contemplerà la bellezza senza essere divenuta bella. Che ciascun essere divenga simile a Dio e bello, se vuol contemplare Dio e la bellezza. Innalzandosi verso la luce, giungerà dapprima presso l'intelligenza, e qui potrà osservare che tutte le idee sono belle e si accorgerà che è lì la bellezza, proprio nelle idee. Per esse, infatti, che sono i prodotti e l'essenza stessa dell'intelligenza,esiste ogni realtà bella. Ciò che è al di là della bellezza, noi lo identifichiamo come la natura del bene, e il bello le è dinnanzi. Anzi, per usare una formula d'insieme, si dirà che il primo principio è il bello, ma - per fare una distinzione tra ciò che è intellegibile - bisognerà distinguere il bello, che è
il luogo delle idee, dal Bene che è al di là del bello e che ne è la sorgente e il principio. Ovvero si comincerà col fare del bello e del bene un solo e identico principio. Ma, in ogni caso, il bello è nel regno delle cose che possono essere colte con la mente.[2]

 

[1] Platone , Sofista 244a. Dall’incipit di Essere e Tempo di Heidegger.

[2] Plotino. Enneadi, La bellezza.


Lino Carriero, romano, naturopata e psicologo di fama nazionale, si occupa di consulenza filosofica e I CHING. Ha pubblicato diversi libri, tra cui, nel 2009, il romanzo “ "L’ottenebramento della luce". Vedasi www.linocarriero.com/