Il filosofo pratico in Italia e nel mondo. Rimedi contro il tempo infelice

 

 Indice

 

1. Il filosofare come pratica benefica di vita. Il filosofo pratico

 

2. Storia delle pratiche filosofiche individuali e di gruppo in Europa e nel mondo

 

3. Le varie tipologie di pratiche filosofiche di gruppo

 

4. La consulenza filosofica individuale: un rimedio contro il “tempo infelice”

 

4.1 Lasciamo che la filosofia si impadronisca di noi

4.2 Ambito della consulenza filosofica e del consulente filosofico

4.3 Alcuni indirizzi e strumenti per la pratica della consulenza filosofica individuale

4.3.1 Il diario di bordo

4.3.2 Un metodo per la crisi

4.3.3 Gli strumenti euristici

Bibliografia

 

 

 

 

1. Il filosofare come pratica benefica di vita. Il filosofo pratico.

 

 

La filosofia non è un'arte che cerca il favore popolare e non è fatta per essere ostentata; non consiste nelle parole, ma nei fatti. Di essa non ci si vale per far trascorrere piacevolmente le giornate, per eliminare il disgusto che viene dall'ozio: educa e forma l'animo, regola la vita, governa le azioni, mostra ciò che si deve o non si deve fare, siede al timone e dirige la rotta attraverso i pericoli di un mare agitato”

                                        (Seneca, Lettere a Lucilio)

Questa frase di Seneca evidenzia come la filosofia non possa essere centrata solo sulla trasmissione dei contenuti storici. Sono convinta che essa nasca dall'esigenza dell'uomo di rispondere alle domande fondamentali della vita, riconoscendosi, come dice Aristotele, attività teoretica "nata dal dolore e dalla meraviglia". Riprendendo uno spunto di Platone, Aristotele sostiene che gli uomi­ni sono spinti a filosofare dalla “meraviglia” (tháuma), che essi provano quando, di fronte agli accadimenti del mondo, ne ignorano le “cause”. Cercano, quindi, la filosofia perché vogliono liberarsi dall'ignoranza, ossia ricercano il conoscere al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. La filosofia, dunque, non è ricerca volta al conseguimento di qualche vantaggio che sia estraneo ad essa. Dunque, come diciamo che uomo libero è colui che non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: solo la filosofia è fine a se stessa1. Platone sosteneva nell’Eutidemo che la filosofia consiste nel “sapersi servire di quello che si fa” (289 b): indi, avrebbe una mission superiore a quella di altre scienze. Per il filosofo berlinese Safronsky “ la filosofia è la vita che si prende cura di se’” ossia stimola la persona ad applicare la filosofia alla sua vita, considerandola una questione preziosa, da prendere in cura… Ma come? Filosofando. Filosofare significa creare e ri-cercare il sapere, ri-tornare sempre di nuovo sul problema, inappagati dall’apparente soluzione, riflettere incessante per mettere a prova le nostre capacita di comprensione. Con la riflessione, la ricerca, il conseguimento di nuova conoscenza e nuova consapevolezza, l’individuo cambia lo stato cognitivo e, per suo tramite, quello emotivo. Filosofare significa cambiare, non essere più gli stessi! Significa migliorare continuamente la propria vita, spesso problematizzandola e, comunque, lavorando su se stessi e sul mondo, magari raggiungendo la felicità. Ma in cosa consiste questa “felicità”? La mission del filosofo pratico o, comunque, di colui o colei che filosofano, è arrivare alla phronesys, alla saggezza pratica finalizzata ad un buon vivere. Il filosofare diventa, in tal modo, una pratica benefica di vita, una sorta di strumento straordinario tramite il quale osservare la propria vita…Insomma, la filosofia pratica è il gesto filosofico per eccellenza…una forma di filosofia diversa da quella delle accademie, alle quali essa pone una vera e propria “sfida”, consistente nel non occuparsi dei sistemi filosofici, bensì di allenare il pensiero, mettere “in questione ciò che gli altri fanno passare per ovvio: una riflessione sulla nostra vita reale, prendendo posizione sulla stessa. L’uomo è un essere costituzionalmente filosofante e può arrivare alla saggezza. Questo approccio – che vediamo da Socrate fino all’avvento del Cristianesimo - é stato tematizzato da G. Achenbach – il pioniere della Filosofia pratica nel mondo attuale – tramite il neologismo tedesco Lebenskonnerschaft, ossia “capacita di vivere”. La saggezza cui fa riferimento Achenbach non ha a che fare con meri contenuti sapienziali e ha come obiettivo una vita autentica, progettuale, che crea valore per se’ e per il mondo intero, utilizzando conoscenza e ratio.

Il filosofo pratico, insomma, si presenta esteriormente come una “nuova professione”, esercitata ormai in molte parti del mondo da un numero sempre più crescente di filosofi che mettono le loro competenze a disposizione di chi ne faccia richiesta. La Filosofia Pratica è una forma di sostegno spirituale di tipo consultivo e non curativo nel senso tradizionale del termine (ossia non una terapia o una pratica medica). In altre parole, le competenze del filosofo vengono ricercate non per discutere e affrontare o approfondire questioni tradizionalmente “filosofiche”, bensì per difficoltà concrete, personali e quotidiane. Il filosofo pratico non insegna la filosofia, bensì, recuperandone elementi “chiave” messi da parte dalla società moderna e contemporanea (virtù, saggezza, etica, …..), valorizza il pensare filosofico come influente sulle coscienze e, tramite esse, sul mondo intero. Insomma, il filosofo pratico sostiene il soggetto a provare a vivere una vita riuscita e serena, cercando di sviluppare in esso un approccio “pensato” nei confronti della realtà, senza pregiudizi e preconcetti: proprio questi ultimi, infatti, possono portare ad una interpretazione distorta della realtà e, quindi, all’infelicità. Insomma, un approccio filosofico alla vita che produce una sorta di metamorfosi e/o di approdo “aperto” delle problematiche esistenziali: da una mancanza, da un vuoto esistenziale insostenibile, da un tempo spirituale infelice ad un tempo spirituale consono ad una vita-progetto gravida di possibilità. Come Epicuro, perché non tentare la strada di un sobrio piacere di esistere in cui v’è una sorta di ascesi dei desideri per potere mettere a punto la nostra filosofia di vita?

E poi, pensiamo a certe opere di Seneca, come “De tranquillitate animae” e “ Lettere a Lucilio”, ai Ricordi di Marco Aurelio, a Epitteto, ad Aristotele, a Boezio, a Montaigne, a Schopenhauer, a Kierkegaard e agli aforismi di Nietzsche….E tantissimi altri.. La filosofia qui è sempre stata intesa come una sorta di atto primordiale nata comunque da una mancanza, da una lacuna esistenziale. La filosofia così – in un certo qual modo – si incammina nuovamente tra le genti, ritrova il contatto con uomini e donne in carne ed ossa, si immerge nella vita reale.

 

2. Storia delle pratiche filosofiche individuali e di gruppo in Europa e nel mondo

 

La Filosofia Pratica nasce nel 1981 a Bergisch Gladbach, una cittadina vicina a Colonia in Germania, ad opera di Gerd Achenbach, ufficialmente il primo nel mondo ad aprire uno studio professionale sulla base di un’unica “specializzazione”: essere filosofo2. Grazie a lui, nel mondo è ripreso un interesse rinnovato per la figura del filosofo in quanto esperto di visioni del mondo e di questioni esistenziali. Achenbach é il primo a dare dignità al filosofo “di professione” e da’ altresì vita ad una nuova denominazione, la Philosophische Praxis3. Negli scritti della prima metà degli anni ’80, il filosofo tedesco esprime fortemente l’insoddisfazione per il modo in cui la filosofia era stata rinchiusa nelle accademie, ove aveva smarrito il rapporto con i problemi che opprimono realmente gli uomini, riducendola allo studio della “storia” della filosofia.

Sempre in Germania, Eckart Ruschmann, nel suo libro Philosophische Beratung, definisce la consulenza filosofica come una “interpretazione e ricostruzione della visione della realtà del cliente”, che produce in esso una “modificazione del rapporto con sé e con il mondo”. Facendo riferimento a Dilthey, Ruschmann sostiene come la filosofia abbia sottovalutato l’importanza degli stati d’animo, emarginandoli dalle teorie della conoscenza e assegnando al “puro pensiero” un predominio assoluto. Sicchè, una mission della pratica filosofica sarebbe quella di porre molta attenzione alla definizione dei diversi aspetti dei processi psichici (“percezione”, “cognizione”, “emozione”, “volontà”…), nonché alla relazione tra mente e corpo.

Dopo Achenbach, in seguito, l’Olanda si avvicina alla filosofia praticata in sinergìa con lo psicoterapeuta statunitense Carl Rogers, che affermava che, alla base di una buona relazione, v’é la capacita del consulente di “accettare” la diversità del proprio interlocutore, dandogli fiducia. In pochi anni, la scuola olandese ha prodotto un buon numero di consulenti (tra cui R. Lahav, Eite Veening, Anette Prins-Bakker), di cui alcuni anche molto attivi anche nel mondo del lavoro.

In Inghilterra, la pratica filosofica nasce nel 1998 con la Society for Philosophy in Practice – SPP, con Catherine McCall, Karin Murris che sono ne stati gli antesignani. Col tempo, però, da una parte, essa si focalizza principalmente sulla Philosophy for Children e, dall’altra, emerge la figura di Tim LeBon, che, in contrasto con Achenbach, si pone fautore di una pratica filosofica utile al counseling, con evidenti caratteristica di “terapia”4.

Studi professionali di filosofia pratica sono stati aperti anche in Svizzera nella prima metà degli anni Novanta, in cui attualmente esistono vari consulenti, quali Willi Fillinger e Urs Thurnherr, che considera il lavoro di filosofo pratico una sorta di “etica applicata”.

Un altro paese nel quale la pratica ‘filosofica ha trovato terreno fertile già dal 1989 è la Norvegia con il “pioniere” Anders Lindseth, il quale giunge alla consulenza filosofica attraverso l’etica, in particolare quella medica.

Oltre che nei paesi citati, già nel corso degli anni Novanta la pratica filosofica si è diffusa in larga parte del resto d’Europa e consulenti hanno aperto studi anche in Belgio, Slovacchia, Danimarca, Lussemburgo e persino Turchia.

In Canada, antesignana della pratica filosofica è Petra von Morstein, docente all’università di Calgary, che nel 1987 fondò la Apeiron Society for the Practice of Philosophy con una caratterizzazione non terapeutica del filosofo di professione. In tale contesto, va altresì nominato Peter Raabe, che, nelle opere “Philosophical Counseling” e “Issues in Philosophical Counseling”, differenzia la consulenza filosofica da ogni genere di terapia: in particolare, distanziandosi da Achenbach, ritiene che il consulente non debba “disdegnare” di risolvere i problemi del cliente.

In Romania – grazie ad Aicofi e alle recenti iniziative realizzate dalla consulente filosofica Nicoleta Turcu (Conferenza internazionale sulle pratiche Filosofiche del 17 novembre 2012 presso la Facoltà di Filosofia di Bucarest, alcuni Cafè Philo a Bucarest, Scuola Parresia di Bucarest per la formazione di consulenti filosofici) - la pratica filosofica è finalmente approdata,

In Francia la Filosofia Pratica é arrivata per iniziativa di Marc Sautet, il quale, pur non lasciando molte indicazioni sul modus operandi della consulenza filosofica individuale, con il suo “Socrate al caffè”5, introduce un approccio alla filosofia molto eclettico, con ampio uso di letture o citazioni dirette di filosofi e letterati. Famosa la sua cosiddetta “biblioterapia”, consistente nel “prescrivere” ai propri clienti la lettura di determinati autori il cui pensiero fosse pertinente alle questioni/tematiche discusse. Il primo che si definisce consulente filosofico è Oscar Brenifier, che ha ideato un metodo di dialogo socratico6 in cui il cliente viene sottoposto ad una serie di domande fino tirar fuori dalla domanda iniziale problemi più articolati di quelli dedotti inizialmente.

In Israele Shlomit Schuster aprì uno studio a Gerusalemme nel 1989, attivando anche un servizio telefonico gratuito di “primo intervento” e sperimentando forme di consulenza on line. Il suo approccio alla disciplina ha la finalità di coltivare l’intelletto, o “prendersi cura” delle persone in maniera non terapeutica.

Negli Stati Uniti, centrale è la figura di Lou Marinoff, molto noto grazie alla pubblicazione, nel 2001, del suo libro “ Platone é meglio del Prozac” e, nel 2003, del successivo “ Le pillole di Aristotele”, che ha svolto nel suo Paese una serrata critica alle psicoterapie, in particolare al DSM IV, elencando gli ambiti problematici per i quali egli ritiene più appropriata la filosofia: dilemmi morali e conflitti etici professionali, conflitti tra ragione ed emozione; significati, fini, valori della vita, ansia rispetto ai cambiamenti, problemi relazionali, morte, etc.7. Di particolare interesse, poi, sono le figure di David Jopling e di Andrew Gluck, quest’ultimo filosofo e psicologo, convinto che, nella consulenza filosofica, debbano essere coinvolte psicologia e sociologia. Va infine citato Pierre Grimes, che ha sviluppato la “psicoterapia dialettica razionale” finalizzata a trattare anche persone affette da psicopatologie.

Infine l’Italia.

Il nostro Paese è approdato alla consulenza filosofica alla fine del 1999, dando vita a una prima organizzazione nazionale, l’Associazione Italiana di Counseling Filosofico (AICF), presenti sia filosofi che psicologi. Verso la fine del 2000, due soci tentano la strada della pratica professionale, ma, nello stesso anno, all’interno dell’AICF, nascono divergenze tra filosofi e psicologi: a seguito di questa frattura, i filosofi (Neri Pollastri, Stefano Zampieri ed altri) già membri dell’AICF, all’inizio del 2003, fondano Phronesis (Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica), mentre gli psicologi danno vita a SICoF (Società Italiana di Counseling Filosofico), con l’obiettivo di fare del “counseling filosofico” una sorta di variante delle professioni d’aiuto e avviando corsi di formazione, caratterizzati prevalentemente da moduli a contenuto psicologico. Negli anni sono sorti altri gruppi e associazioni, tra i quali l’Associazione Italiana Psicofilosofi di Genova - nata con l’intento di produrre corsi di formazione alla professione e poi trasformatasi in AIPhI (oggi inattiva)- ed AIcoFi (Associazione Italiana Consulenza Filosofica) per iniziativa della consulente filosofica Nicoletta Poli; tale associazione, nata nel 2009, ha al suo attivo, oltre alla Scuola Parresia di Bologna per la formazione di consulenti filosofici, moltissime iniziative formative-culturali (Cafè Philo, Seminari filosofici, Ritiri Filosofici, etc.), nonché sociali al servizio delle istituzioni (2 sportelli di consulenza filosofica in alcune scuole emiliano-romagnole, 3 sportelli di consulenza filosofica aperti ai cittadini in provincia di Bologna, Taranto e Genova). Ma l’interesse in Italia per questa disciplina continua a crescere presso Università, Comuni, strutture sanitarie. Nel 2003, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Catania, si é svolto il primo convegno di studi ufficiale sulla materia, mentre all’Università di Venezia é stato allestito un corso entro un più generale progetto sulle Pratiche Filosofiche. Nel 2013, inoltre, a cura di AiCofi, presso il Servizio di Riabilitazione Psichiatrica dell’Università di Ferrara, si sta realizzando un corso di pratiche filosofiche per gli psichiatri. Anche alcuni enti pubblici hanno mostrato interesse, proponendo la consulenza filosofica, nei loro servizi: l’ospedale torinese “Le Molinette”, il Quartiere 4 del Comune di Firenze, il Comune di Roma, la Regione Lombardia ed altri Enti locali, etc..

3. Le varie tipologie di pratiche filosofiche di gruppo

 

Le pratiche di gruppo di seguito descritte (Philosophy for Children, Cafè Philo, Seminari di pratica filosofica, Vacanze e Ritiri Filosofici, Pratiche filosofiche nelle organizzazioni) costituiscono un buon modo per fare filosofia per fare diventare la conoscenza un patrimonio corale, sempre frutto di un dialogo e di un confronto. La filosofia é infatti un’attività dialogica, che si nutre dello scambio attivo e vivo con i nostri simili. Dialogare e confrontarci con gli altri, questa è filosofia.

 

Philosophy for Children

 

Negli anni ’70 il filosofo americano Matthew Lipman si pose il problema di come stimolare nei giovani l’uso riflessivo e logico del pensiero. Nacque così una disciplina denominata Philosophy for Children (P4C), oggi assai diffusa in Europa. Essa ha come obiettivo principale lo sviluppo di abilità di pensiero nei bambini di età variabili dalla prima età scolare fino ai primi anni dell’insegnamento superiore. In particolare, Lipman ha sviluppato una forma di pratica filosofica basata sulla lettura collettiva di racconti — creati appositamente - per stimolare i ragazzi a riflettere su questioni filosofiche, a partire da temi e contenuti familiari8. In tal modo, l’aula si trasforma in una sorta di “comunità di ricerca” di tipo filosofico, che, in maniera condivisa, raggiunge risultati di chiarezza cognitiva, favorendo lo svolgimento di “un vero e proprio ‘training’ per imparare a essere consapevoli dei propri assunti e presupposti, allenando la mente a fornire valutazioni più strutturati e consapevoli. Oltre all’idea dell’eticità implicita in ogni comunità filosofica di ricerca, alla base dell’approccio di Lipman, ci sono le classiche forme di pratica filosofica (il legame tra ludicità e pensiero riflessivo, la creatività cognitiva scevra da pregiudizi).

 

“Café Philo”

 

I Café Philo sono discussioni pubbliche su diversi argomenti, da questioni d’attualità fino ai “grandi temi” della filosofia, svolte in luoghi pubblici quali: bar e pub, librerie e biblioteche, teatri... I dibattiti sono aperti alla partecipazione di chiunque ne sia interessato, senza alcuna limitazione di cultura, ceto sociale, formazione, orientamenti personali. Ciò che differenzia questo tipo di “incontri” dalle tradizionali “conferenze” é il fatto che il filosofo non é il protagonista e l’esperto, ma solo uno stimolatore, un facilitatore del dibattito, direzionando la discussione collettiva verso un progressivo approfondimento, trasformando il confronto in una sorta di dialogo “filosofico”. Ecco perché si può dire che, in questo genere di incontri pubblici, non “si parla” di filosofia, bensì “si fa” filosofia. Come già detto, i Cafe’ Philo nascono in Francia ad opera di Marc Sautet, che, nel suo Socrate al caffé, racconta che l’iniziativa nacque nel luglio del 1992, durante un’intervista radiofonica, in cui aveva reso noto che la domenica si incontrava con alcuni amici al “Café des Phares”, in Place de la Bastille a Parigi, per parlare dell’apertura del suo studio di consulenza filosofica. Alcuni ascoltatori equivocarono, intendendo che, in quelle occasioni, egli si mettesse a disposizione del pubblico per parlare di filosofia, e si recarono all’appuntamento. Sicchè, in breve tempo, all’appuntamento domenicale giunsero a recarsi anche duecento persone. Oggi - nonostante la scomparsa di Sautet nel 1998 - da quella esperienza sono nati oltre centosettanta Café Philo in Francia e un’ottantina nei diversi paesi del mondo, perfino in Honduras e Nicaragua.

Attualmente in Romania - in gemellaggio con AiCoFi – in alcuni locali di Bucarest, si stanno realizzando alcuni Cafè Philo sulle tematiche dell’amore, della follia, del destino, del vizio e della bellezza9.

 

 

Seminari di pratica filosofica

 

Simili ai Cafe’ Philo sono i seminari di “pratica filosofica”, organizzati in molti paesi del mondo, spesso a opera di consulenti filosofici, finalizzati a favorire confronti filosofici anche tra non specialisti, ma comunque interessati a riflettere e a mettere alla prova le proprie concezioni del mondo. Un esempio di questa forma di pratica filosofica è offerto ancora una volta da Marc Sautet, che, nel già citato Socrate al caffè, parla del “seminario sull’autenticità” atto a sviluppare un confronto corale sulla tematica “autenticità”, utilizzando testi come spunto di riflessione. In tale cornice, anche lo stesso Achenbach ha realizzato, con cadenza regolare, i “seminari del venerdì”, articolati secondo un mix di confronto filosofico e più tradizionali lezioni, ispirate ai problemi della vita quotidiana (fenomeni di attualità, politica, etica, amore, famiglia, matrimonio,etc.).

 

Vacanze e ritiri filosofici

 

Anche in questo caso, il pioniere delle “vacanze filosofiche” è stato Marc Sautet, che narra di un breve viaggio ad Atene, assieme a un piccolo gruppo di persone, sulle tracce di Socrate e Platone: insomma una opportunità per unire l’utile al dilettevole. La stessa strada è, da qualche anno, seguita in Italia da Augusto Cavadi, insegnante di filosofia e consulente filosofico, che organizza vacanze in luoghi adatti a favorire la calma interiore, la riflessione, il dialogo. Anche AiCofi, in questi anni, ha organizzato alcuni Ritiri Filosofici in Liguria, Campania ed Emilia-Romagna, in cui si alternano momenti di meditazione con esercizi spirituali della filosofia antica, pratiche filosofiche di gruppo su tematiche precise e momenti di confronto comune, alla presenza di uno o più filosofi che coordinano il dialogo.

 

Pratiche filosofiche nelle organizzazioni (Dialogo Socratico, Comunità di ricerca, Dilemma training)

 

Vari sono i tentativi, in costante crescita negli ultimi anni, di utilizzare il pensiero di filosofi per interpretare e chiarificare ambiti specifici del mondo del lavoro10. Le pratiche filosofiche più diffuse sono vere e proprie tecniche disciplinari, quali il Dialogo Socratico, il Critical Thinking Approach” o il Dilemma Training”, ma anche attività più squisitamente dialogiche e di ricerca (Società di ricerca o Philosophy for Community). Tra queste mi limito a prendere brevemente in considerazione la più strutturata pratica di gruppo ossia il Dialogo Socratico. Nato ad opera del filosofo tedesco Leonard Nelson, vissuto tra l’800 e il ‘900, il dialogo socratico nelsoniano è orientato a produrre “risposte concrete” alle questioni affrontate, diversamente da quanto per lo più accade nei dialoghi platonici, nei quali le risposte sono speso critiche o interlocutorie. Sviluppato da Gustav Heckmann, oggi questa disciplina é coltivata particolarmente in Germania, Olanda e Gran Bretagna“, ma anche in Italia e negli Stati Uniti11. In specifico, il Dialogo Socratico si propone di giungere a risultati positivi su una tematica prefissato, discussa all’interno di un gruppo non superiore alle 12 persone. Le procedure della tecnica sono codificate, ma possono variare anche in misura molto ampia. I tempi possono oscillare dalle tre ore ai tre giorni, mentre il filosofo assume il ruolo o di “arbitro” che fa rispettare le regole del gioco, o di vero e proprio stimolatore del dibattito.

In Russia, Boris Sedunov, nel libro “Philosophy of Management”, ha prospettato la filosofia come modello ideale per il lavoro di complessa elaborazione cui deve far fronte un manager moderno, alle prese con la molteplicità e la complessità dei fenomeni e dei saperi.

Interessanti sono anche le pratiche filosofiche in Olanda, ove Paul Wouters, nel suo lavoro tradotto in Italia con il titolo “La bottega del filosofo”, utilizza interrogativi di articolazione dialogica socratica per affrontare questioni proprie del mondo del lavoro. Sempre in Olanda, anche Ad Hoogendijk, autore dei libro “Filosofia per i manager”, ha strutturato la consulenza filosofica per aziende e organizzazioni nella direzione dell’etica finalizzata al recupero delle proprie responsabilità da parte del management. Inoltre, un altro olandese, Jos Kessels propone l’approccio socratico per favorire la cooperazione e la creatività negli ambienti di lavoro e dettaglia le procedure del Dialogo Socratico a mo’ di clessidra con step molto precisi.

Anche in Italia, con un po’ di lentezza, si stanno producendo alcune riflessioni sull’argomento12 e alcune sperimentazioni (vedasi la Pratica del dubbio a cura della consulente filosofica di AiCoFi B. Beonio Brocchieri13).

 

4. La consulenza filosofica individuale: un rimedio contro il “tempo infelice”.

 

4.1 Lasciamo che la filosofia si impadronisca di noi.

 

La consulenza filosofica individuale è un’attività professionale nella quale il filosofo si mette a disposizione delle persone disponibili ad affrontare con spirito di ricerca problemi/questioni inerenti la propria vita. Di essa in particolare mi occuperò in queste pagine, tentando di sintetizzare alcuni punti evidenziati nel mio libro “Vite contro vento. La consulenza filosofica individuale”, Ipoc Path of Culture, Milano, 2012, per chiarire, in buona parte, come “praticarla”.

Ma la prima questione è: la consulenza filosofica individuale nasce da una esigenza solo intellettuale? Le persone che vengono in consulenza filosofica sono esclusivamente degli intellettuali che vogliono discutere di questioni concettuali e astratte con un filosofo? Risposta: quasi sempre no. Sono persone che soffrono e hanno problemi concreti.

Tempo infelice, diceva Musil14. Tempo di disperazione, anche. E’ vero, la vita è intollerabile, talvolta. Il tempo indisciplinato, infelice…Ci si sente come in una bolla di vetro dalla quale magari si vede la gente andare e venire senza senso e, soprattutto, senza che la gente ci veda. Capita di agitarsi, urlare, lanciare i pugni contro il vetro, ma nessuno ci ascolta. E allora viene voglia di dichiarare fallita la propria mission sulla terra. Ma allora perché non proviamo già da ora a crescere spiritualmente e moralmente? Perché, nella tempesta della vita, non proviamo a esercitare la “saggezza filosofica”, ossia, per dirla alla Achenbach – la capacità di saper vivere15? Un saper vivere, aggiungo, non così a disagio con quel dolore che tanto permea questo mondo. Anzi, non si potrebbe trasformare questo dolore in un demone alleato per esplorare nuovi orizzonti, inediti desideri, mete ancora inesplorate? Perché non riconquistare la posizione eretta dialogando filosoficamente? Tutti insieme, perché il pensiero è un patrimonio comune, corale. Preziosissimo. Lasciamo che la filosofia si impadronisca di noi….Lasciamo che il pensiero filosofico di Epitteto, Marco Aurelio, Seneca, ci attraversi insegnandoci la potenza leggiadra della Prosochè16, che ci riporta ad una migliore relazione con la nostra interiorità.

Un’altra questione è: una consulenza filosofica può risolvere l’infelicità di un individuo? Può ricondurre l’individuo alla pura gioia di vivere? La risposta è sì, ma con modalità completamente diverse dalle varie forme di psico-terapia. Personalmente vivo questo lavoro come una professione che necessita di vocazione: un modo di vivere avendo a cuore gli altri, cercando sempre di mettere in condizione la persona di guadagnare sufficiente autonomia da abbandonare la consulenza. Come sostiene Ran Lahav, una pratica filosofica non punta a risolvere i problemi della gente, riconducendoli nell’alveo del comune sentire, quanto piuttosto a dischiudere nuove prospettive di saggezza, più ricche e più profonde, ma non per questo più blandamente rassicuranti17.

Quante volte – coi miei consultanti – si è perso per strada il problema da cui si era partiti…O meglio, si è trasformato in qualcos’altro. Magari si è ritornati al punto-origine, da dove sono nate tutte le nostre strategie di sopravvivenza. E ciò perché il terreno della consulenza filosofica è la libertà. Ossia le possibili infinite possibilità di ricerca della filosofia. Nell’ambito della consulenza filosofica assistiamo alla messa in scena ed all’avventurosa esperienza del dialogo, della incertezza e precarietà della vita, che spesso non è finalizzato alle grandi domande della filosofia, l’Essere, il Divenire, Dio, l’Anima, l’Ente…..con grande critica della Filosofia Accademica. Nessun sapere assoluto, ma solo domande ad infinitum ad aprire lo spazio del possibile, del bizzarro andirivieni della vita. Nessun pensiero pensato una volta per tutte, nessun concetto cristallizzato, nessun confine. Solo la consapevolezza del mutamento, cogliendo gradualmente il nostro essere, la nostra origine. E andando incontro anche alla tempesta, non rifiutando il tragico, non sfuggendo alle ombre ed impurità della vita, non pretendendo di approdare ad una metafisica ottimista a tutti i costi, bensì affidandosi al tribunale della propria ragione, a quel Sàpere aude di kantiana memoria: abbi il coraggio di servirti della tua ragione!18.

Ma l’inquietudine di porsi – con lo strumento della ragione - davanti alla mega domanda esistenziale “Chi sono? Dove vado? Qual è la mia missione? Sono io più forte del mio destino? Cosa c’è dopo la morte? Riuscirà l’amore a vincere l’odio?”, la consulenza filosofica non ha la pretesa di estirparla. Nulla è estirpabile, semmai tutto è oggetto di trasformazione, magari di momentanea “messa in parentesi” ai fini della ricerca di un nuovo significato…

Seneca19 ci insegna: “In seguito ti spiegherò più scrupolosamente come tutto ciò che sembra finire, in realtà muta. Siamo destinati a tornare, e dobbiamo perciò uscire serenamente dalla vita. Osserva il corso delle cose che ritornano in se stesse: vedrai che nulla a questo mondo si estingue, ma, alternativamente, declina e risorge. L'estate se n'è andata, ma l'anno venturo la ricondurrà con sé; l'inverno è finito, lo riporteranno i mesi che gli sono propri; la notte ha oscurato il sole, ma subito il giorno la scaccerà a sua volta. Gli astri ripercorrono nella loro corsa gli spazi già attraversati; di continuo una parte del cielo si solleva, una parte sprofonda”.

Tornando a Musil, il tempo attuale è tempo di attesa, impaziente, indisciplinato, infelice.. Ma è tutto quello che abbiamo e possiamo provare a trasformarlo affidandoci alla filosofia. Ogni consultante, ad un certo punto, vede le mura del mondo aprirsi, intravvede la propria capacità di essere libero insieme al brivido davanti all’universo, davanti a quello spazio immenso che è la propria autonomia. Ma quel brivido è l’inizio di un percorso di conoscenza esaltante. Si pensi alle parole di Goethe (Secondo Faust 6272):” Il brivido è la parte migliore dell’uomo. Per quanto il mondo gli faccia pagare cara questa emozione, è con rapimento che l’uomo sente profondamente la realtà prodigiosa”.

Affermando che la filosofia nasce dalla meraviglia, Aristotele intende forse dire che essa nasce dal terrore provocato dall’imprevedibilità del divenire della vita? Conoscendo le “cause” del divenire, la filosofia rende prevedibile l’imprevedibile, lo inserisce nella spiegazione stabile del senso del mondo, e quindi appronta il rimedio contro il terrore della vita20. Dolore e meraviglia sono le esperienze sulle quali la filosofia, esercitando il pensiero, costruisce la conoscenza, senza altro scopo che conoscere. La filosofia, in tale ottica, sarebbe tesa verso una direzione di primo acchito contraddittoria: epistéme21, verità incontrovertibile che inten­de svelare il senso e l’origine del divenire e, al contempo, lucida analisi dell’imprevedibilità estrema del divenire, dell’estrema im­possibilità di anticipare, in una legge immutabile, il divenire del mondo. Certo è che, nel momento in cui ci si interroga, in quel preciso istante, nasce la filosofia. E quanti soggetti andavano da Socrate e domandavano, cercavano un rimedio alla loro inquietudine? Nel dialogo socratico alla fine- dopo un lungo e tortuoso cammino spirituale - si giunge sempre a rendere conto di se’, della propria esistenza. Il filosofo non insegna, in questo dialogare, bensì obbliga l’interlocutore ad osservare attentamente se stessi prendendosi cura di se’, ad occuparsi dei propri progressi interiori, delle proprie involuzioni o superficialità. E parlando del dialogo con il proprio interlocutore: “…..arrecherò il massimo beneficio cercando di persuaderlo a preoccuparsi meno di ciò che ha che di ciò che è, per diventare eccellente e ragionevole tanto quanto è possibile”22. Socrate costringe, ad esempio, Alcibiade a confessare a se stesso le proprie mancanze fino a non ritenere spesso possibile comportarsi come in passato. Nelle Nuvole Aristofane – forse influenzato dalle pratiche socratiche: “Medita adesso e concentrati profondamente con tutti i mezzi, avvolgiti su te stesso concentrandoti. Se cadi in qualche difficoltà, corri svelto in un altro punto…..Non ricondurre sempre il tuo pensiero a te stesso, ma lascia che la tua mente prenda il volo nell’aria, come uno scarabeo che un filo trattiene per una zampa.”23. Anche il dialogo con se stesso è un brivido, l’apertura di uno spazio interstellare, del senso della propria vita sulla terra. Il prendere coscienza che il destino umano si governa affrontando gli impedimenti con la tranquillità della ragione, sfuggendo alle auto-difese inutili e alle reliquie dei pregiudizi del passato. Senza la filosofia l'anima è malata. La filosofia insegna ad agire, non solo a parlare ed argomentare, ed esige che la vita non sia in discrasìa con le parole. E Seneca: “Perché vogliamo ingannarci? Non viene dall'esterno il nostro male: è dentro di noi, sta nelle nostre stesse viscere e, perciò difficilmente possiamo guarire: ignoriamo di essere malati.24. Dunque, la filosofia aiuta a correggere noi stessi indubbiamente, poiché ci traghetta ad un bene che possediamo per sempre: la virtù. E la virtù non si disimpara. Essa è secondo natura, mentre i vizi sono ostili e avversi. La filosofia è ricerca di virtù, ma attraverso la virtù stessa; e la virtù non può esistere senza la ricerca di sé, né la ricerca della virtù senza la virtù. La filosofia è teoretica e pratica insieme: osserva e contemporaneamente agisce. Della filosofia, però, non ci si dovrà vantare praticandola con insolenza e arroganza. Un grande insegnamento, quello di Seneca. La filosofia aiuta a comprendere il mondo. Come dire, con Lahav: "Una migliore comprensione della tua visione del mondo, cioè del modo in cui concepisci te stesso e il tuo ambiente, ti aprirà probabilmente nuovi modi di relazionarti a te stesso e al tuo mondo"25. Quasi una conversione, un cambiamento di visione della propria e dell’altrui vita in una cornice di attenzione a se stesso, di vigilanza su una sorta di virtù cosmica. Vite contro vento, sempre messe alla prova, ma come coraggiosi fari nella tempesta che sfidano mareggiate e venti forti.

4.2 Ambito della consulenza filosofica e del consulente filosofico

Formulato in estrema sintesi, l’ambito specifico della consulenza filosofica è costituito dall’approfondimento, l’esplicitazione e l’interpretazione del senso della vita e dell’esistenza individuale in quanto tale, ossia nella sua totalità fenomenica e nel suo divenire. E’ un’azione filosofica che opera sui concetti e sulle idee, in base al presupposto che, spesso, i disagi dipendono da una visione distorta della realtà. La consulenza filosofica procede cercando di comprendere quali sono i presupposti sui quali un soggetto ha costruito la propria vita: credenze, abitudini, dolori, talenti, desideri, idee del proprio se’ e del mondo, del senso del divenire e del suo essere uomo all’interno della sua polis, del suo luogo concreto ove lavora, esercita diritto di cittadinanza, forma una famiglia…Insomma, su quali presupposti ha basato il suo stile di vita, la sua filosofia, la sua episteme. Ognuno, come Atlante, regge sulle spalle o la volta del  cielo o il globo terrestre in base alla propria visione del mondo ed è necessario reinterpretarla quando essa diventi un peso più che una conquista o una bussola. A questo serve il filosofare. A questo serve il consulente filosofo, che sostiene il consultante nel fare chiarezza nella sua vita, nel lavorare con modalità proprie per migliorare la qualità della sua vita. Per sentirsi “significante”. Uno degli assunti fondamentali della teoria e della pratica logoterapeutiche elaborate da Viktor Frankl26 è che la persona, per essere pienamente se stessa, deve dare soddisfazione alla sua volontà di senso, che si soddisfa appunto quando la persona mette a fuoco e persegue scopi e valori della sua esistenza e si progetta, si trascende, dando senso alla sua esistenza. La motivazione principale dell'uomo non è, come diceva Freud, il principio del piacere, né la volontà di potenza, bensì "la volontà di significato". Da queste premesse riecheggiano queste parole suggestive, sempre di Frankl: “Che cos'è, dunque, l'uomo? Noi l'abbiamo conosciuto come forse nessun'altra generazione precedente; l'abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l'uomo può "avere", ma ciò che l'uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l'uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza. Cos'è, dunque, l'uomo? domandiamocelo ancora. E’ un essere che decide sempre ciò che è” .(Homo patiens. Soffrire con dignità)27

In questo percorso, il consulente filosofo non è necessariamente chiamato a rendere migliori le cose o ad aiutare a eliminare i problemi, ma piuttosto a renderli comprensibili nella loro complessità, in modo che il consultante possa vivere con essi, piuttosto che contro o a dispetto di essi. E’ un’opportunità – la consulenza filosofica – per rimettersi in gioco e progettare il proprio futuro rifiutando bigottismi di ogni genere, da quello culturale a quello religioso a quello di costume e di stile di vita. Un esserci nel mondo che rimette in gioco tutte le nostre risorse latenti, spesso sconosciute. Un rivedere, rivisitare la propria vita, il proprio “circolo vizioso”, trovando un’uscita verso l’esterno, verso l’ebbrezza del mondo, fuori dalla caverna di platonica memoria.

Una sorta di percorso circolare in cui staziona l’uomo, che, ad un certo punto, trova un’uscita verso l’esterno; un’uscita dal circolo vizioso, che non necessariamente significa la risoluzione del problema. Un’uscita che prende forma e voce e che induce il consultante a interrogarsi: “ Ma è tutta qui la mia vita? Non ci dovrebbe essere qualcosa di più? La mia vita non potrebbe essere più ricca, più grande, più profonda di quel che è?28”. E’ una voce interiore che si affaccia nel nostro quotidiano e che ci fa intuire l’esistenza possibile di un altro modo di essere. Talvolta, quando una persona chiede della consulenza filosofica e inizia il percorso non sa dove andrà, è spinto dal disagio, dalla paura di non uscire più dal suo circolo vizioso…Spesso va da un consulente filosofico perché si sente come il nulla, un nulla fitto e inesistente, come una rivoltella nella gola. La sfida è migliorare la propria persona fino a sostituire quella rivoltella puntata metaforicamente nella gola con uno scopo nella vita. Con una missione nella gola. Una missione che possa liberare la persona da pertugi angusti e oscuri per realizzare una vita più piena. Come insegnavano gli stoici e Marco Aurelio, in particolare, che sognava una vita in accordo con il logos cosmico. Per fare ciò bisogna meditare, riflettere, forgiare una sorta di cittadella interiore che non viene scalfita dalle tempeste della vita. Non sono le cose che turbano l’anima, ma è piuttosto l’anima stessa che introduce nelle cose stesse le proprie inquietudini e i propri turbamenti. Non sono le cose che modificano l’anima, ma l’anima stessa che, se vuole, può modificare le cose stesse, il loro valore: “Se ti addolori per una cosa esterna, non è questa cosa a turbarti, ma il tuo giudizio sulla cosa”(VIII 47)29”. Come nei Pensieri di Marco Aurelio, ove c’è un preciso nesso strutturale, una chiave sistematica consistente in alcune regole di vita relative a tre tematiche particolari, così, in consulenza filosofica, i punti nodali della vita su cui riflettere sono: il rapporto tra l’individuo ed il proprio pensiero, il rapporto dell’uomo con il divenire del mondo e la natura, il rapporto tra l’individuo e gli altri uomini. Sono tematiche alte, ma alto deve essere – a mio modesto parere – l’obiettivo di un filosofo consulente, che, pur prestandosi, talvolta, a vagare per territori semplici o – al contrario – perigliosi e complessi, deve avere sempre presente una sola e unica cosa: la filosofia. E legato al monito: “…Mantieniti semplice, buono, puro, serio, senza orpelli, amico del giusto, pio, benevolo, affettuoso, tenace nel compiere il tuo dovere. Lotta per rimanere tale quale la filosofia ha voluto renderti (Marco Aurelio, “ I Pensieri”, VI 30,1-3).”

4.3 Alcuni indirizzi e strumenti per la pratica della consulenza filosofica individuale

4.3.1 Il diario di bordo

In questi anni ho sviluppato un diario di bordo che ha dato vita ad alcuni indirizzi utili nell’ambito di questa disciplina. Essi sono basati sui seguenti principi ispiratori: a) la messa in atto di una costante ed estrema apertura mentale e flessibilità; b) il riferimento costante al corpus della tradizione filosofica; c) la consapevolezza che la consulenza filosofica non è una terapia atta a indagare la realtà psichica dell’individuo, ma sostiene la persona in un percorso di cura di se’, della sua visione del mondo e della sua dimensione etico-morale; d) la convinzione che il consulente filosofico dialoga in maniera paritetica con una persona che è un libero pensatore, non accettando la costruzione di un concetto sul “principio di autorità”(teorie pre-costituite, pre-giudizi, luoghi comuni accettati acriticamente); e) la convinzione che l’ascolto del filosofo si esprima sempre con un atteggiamento mai giudicante o “classificatorio”, tassonomico; f) la convinzione che la consulenza filosofica debba sostenere la persona in un percorso in cui riacquista fiducia in se’ e nel mondo in cui si riconosce come parte attiva. Più in generale, dunque, “ ..quel che caratterizza questa disciplina è il fatto che non è il soggetto il centro dell’indagine, dato che quest’ultima si allarga – idealmente, ma anche intenzionalmente – alla totalità dell’esistente. Il soggetto stesso trova il suo senso…..(…) proprio attraverso il trascendimento della propria soggettività e la sua ricollocazione in una oggettività costruita intersoggettivamente con il consulente e, per suo tramite, con la tradizione del pensiero filosofico – idealmente con l’umanità tutta30.”

In tale cornice concettuale, “il problema” e/o il disagio del consultante non è visto come espressione di uno squilibrio psicologico sul quale intervenire, bensì come espressione di una sua personale filosofia di vita, talvolta distorta o in distonìa con la propria personalità, valori, desiderata. Solo operando in tal modo, il filosofo consulente può stimolare il consultante a prendere coscienza di ciò che scriveva Schopenhauer: “Se a volte mi sono sentito infelice è accaduto più per uno sbaglio di persona, una meprisè, mi sono creduto un altro rispetto a quello che sono”31.

Insomma…” …Consulente e consultante ragionano insieme, dialogando, ma il consulente è un individuo con la propria storia, con la propria esperienza personale, con i propri preconcetti e pregiudizi, per cui, proprio per questo, deve interrogare criticamente e costantemente la propria coscienza, mantenendo un atteggiamento fenomenologico. È indispensabile, dunque, che il filosofo si mantenga in un atteggiamento di epochè32, affinché la situazione possa essere circoscritta e incisa secondo uno sguardo che sta sulle cose, senza condizionamenti o pregiudizi anticipanti. Insomma, quello che si dice un dialogo esigente.33. In questo modo si può offrire una consulenza non indottrinante, sostenendo la persona nell’approfondire la propria personale posizione etico-filosofica34; un dialogo impegnativo, dunque, in cui non è la realtà psichica che si indaga insieme, bensì la realtà etico-morale: questa mi pare la differenza più evidente tra una consulenza filosofica ed una psicoterapia o una consulenza psicologica.

Un’altra questione basilare della consulenza filosofica è relativa al fatto che il filosofo deve avere l’obiettivo di porre il consultante nella condizione di riflettere sui prodotti del proprio pensiero, di riuscire a fare una sorta di auto-indagine filosofica, in cui la persona va oltre le pro­prie preoccupazioni egocentriche ed i propri interessi particolari, per aprirsi agli orizzonti infiniti di potenziale comprensione del­le basi del nostro essere.

Personalmente mi è sempre parso che lo sforzo immane di impegnarsi nel pensiero filosofico sia piuttosto stupido se non aiuta a vivere una vita serena e dignitosa. La filosofia pratica, pur essendo filosofia e avendo, dunque, di mira la verità, sarebbe inutile, secondo Aristotele, se, oltre a determinare concettualmente cosa siano il bene e la virtù, non aiutasse anche a conseguire una vita buona e virtuosa. Ma cos’è una vita felice? Ogni essere vivente, ci dice Aristotele, prova felicità nell’adempiere alla propria funzione, nell’esercitare le proprie potenzialità e capacità. Mi ha sempre colpito che questa definizione di felicità possa essere agevolmente tradotta con un’altra espressione: realizzazione di sé. Ecco, la consulenza filosofica torna così all’etica aristotelica, che considera la virtù etica come il giusto mezzo, una condizione armonica fra un eccesso e un difetto. Il coraggio, ad esempio, è il giusto mezzo fra la vigliaccheria e l’audacia eccessiva. E ci fornisce un meraviglioso scenario delle varie virtù etiche: giustizia, coraggio, temperanza, moderazione, magnanimità, liberalità…Una galleria di eroi e di ritratti di epoche passate? Elementi di disturbo nell’epoca contemporanea? Che sia. Sono convinta che la consulenza filosofica debba avere come suo principale riferimento temporale il futuro.

Inoltre, non credo in una disciplina dettata dall’idea che il consultante dovrà cambiare in toto, dovrà cambiare abitudini, dovrà diventare qualcos’altro…Potrà succedere, è vero, ma sarà comunque frutto di un processo evolutivo del consultante, che, riflettendo, esaminando profondamente la propria vita, identificando i valori ed il senso sui quali si basa, potrà realizzare un mutamento di pensiero che si riverbererà, naturalmente, nel modo di vivere. Nell’ipotesi migliore la vita muterà in una vita buona, in un vivere filosoficamente.

 

4.3.2 Un metodo per la crisi

Il termine metodo viene usato principalmente per indicare un sottoprogramma associato ad una classe che rappresenta, in genere, un'operazione che può essere eseguita sugli oggetti istanze di quella classe. Esso solitamente si sostanzia di una sequenza di istruzioni scritte per eseguire una determinata azione, eventualmente sulla base di un insieme di parametri. Ma in filosofia come può essere progettato un metodo?

Cartesio, nel “Discorso sul metodo35” ci fornisce qualche indicazione sull’idea delle scienze tutte connesse tra loro. E la filosofia lo può fare come collante… Ma l’altro insegnamento di Cartesio è di non lasciarci mai persuadere se non dall’evidenza della nostra ragione. Non si può costruire il proprio sapere e la nostra vita sul precario, su mattoni che si incrinano e si sfaldano. Ogni qualvolta il sapere diventa precario ed il dubbio diventa assoluto, bisogna riprendere le fila del discorso, del dialogo. Simile è il procedere della consulenza filosofica, ove il travaglio del pensiero segue un unico percorso: quello del continuo trovarsi a demolire false credenze e saperi precari, quello del benefico perpetuarsi della crisi. Non a caso, l’etimologia del termine crisi (dal greco krísis, derivato dal verbo kríno) rimanda al duplice significato di separazione e scelta/decisione/giudizio. La crisi lacera, separa, segna un cambiamento drastico (positivo o negativo) tra due diverse fasi, pone alternative molto nette che richiedono una decisione risoluta e la capacità di cogliere il momento giusto per agire. Proviene da qui il significato originario del termine, radicato nella medicina ippocratica, che vede la crisi come un «notevole e improvviso cambiamento, in senso favorevole (o anche sfavorevole), che avviene in una malattia; fase risolutiva, che coincide con la repentina caduta della febbre» (Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana). La crisi è ormai una parola-chiave del nostro presente, una categoria discorsiva e interpretativa da cui non possiamo prescindere: abita la nostra lingua quotidiana, plasma la nostra percezione del mondo, pervade ogni interstizio delle nostre vite. E allora se un metodo si deve adattare ad una classe, questa classe è la crisi. E allora se dobbiamo caratterizzare un metodo, esso non può che ispirarsi alla non demonizzazione della crisi, bensì al suo cavalcarla come opportunità. E se un insieme di parametri per analizzarla esistono, essi sono comunque continuamente sottoposti ad un cartesiano lavoro di analisi tramite la scienza che unifica tutte le altre scienze (la filosofia); un lavoro che ci farà continuamente meravigliare. Insomma, un metodo come base per variazioni, proprio della musica. Qualcuno si ricorderà sicuramente Brian Eno36, che, musicalmente, cerca strutture minimali, lente e graduali, umili e solenni: di qui ogni volta introduce una nota nuova e il brano musicale, alla fine, diventa qualcos’altro. In consulenza filosofica una nota nuova – minimale e improvvisata – viene introdotta via via dialogando per arrivare, alla fine, ad un brano musicale finale diverso, non privo di sbalzi emotivi, critici, ma regolato da un intelletto attento, lucido.

Non esiste un metodo unico cui i consulenti filosofici si possano riferire e, per quanto mi riguarda personalmente, posso solo dire di utilizzare, come dicevo, un diario di bordo, che mi permette di navigare in mare aperto insieme alla persona, con un sorta di kit attrezzato di carta nautica, bussola, altimetro, sestante, binocolo, radiogoniometro, ecoscandaglio e anemometro, in modo da potere manovrare abbastanza serenamente il timone in mezzo alla tempesta, perché, come scrisse Seneca, “Non esiste vento favorevole per chi non sa verso quale porto andare.”. Ciò non vuol dire che si sappia e si debba andare in un porto pre-definito, né che gli strumenti adottati siano sufficienti per affrontare il mare aperto. Perché davvero di mare aperto si tratta, un mare aperto e spesso tempestoso, che prevede non solo un agire, per così dire, tecnico-professionale, bensì coraggio, intraprendenza, capacità di ascolto a 360 gradi, abilità nell’essere saggiamente capitani, temperanza, ma anche temerarietà, abilità di mimetizzarsi e mettersi da parte,di trasmettere una seria vitalità e giocondità, compresa l’abilità di giocare con la cupezza e la problematicità….E ve ne sarebbe una lista infinita. Ma quali saranno gli obiettivi migliori? E quali prede incontreremo? Qualunque preda incontreremo, dovremo usare una sensibilità particolare per trovare e valorizzare le risorse, le “perle” che vi sono in ogni essere umano. Trovare e valorizzare le perle, nel percorso filosofico, è un impegno reciproco sia per il consulente filosofico che per il consultante. E la perla non è necessariamente un’ illuminazione o una credenza superata, bensì il semplice comprendere che una distorta visione del mondo e non “gli altri” siano causa di un “malpasso37”, di certe situazioni infelici della propria esistenza. Come ben scrive Schuster, il consulente filosofico non tenta di “guarire”, ma fa in modo che trovi da se’ la propria salute.38”. Fa come recuperare una mancanza di centratura, di perdizione del proprio senso di vita. Ma si inizia, lo ribadisco, dalla consapevolezza di potere scrivere da se’ una propria nuova biografia. Spesso con dolore, con fatica. Allora sì che vivere non è più “ fare l’uncinetto con le opinioni degli altri39”, bensì “crearsi”, avendo il coraggio di navigare nel fondo oscuro della propria anima. Ciò introducendo nel dialogo, delicatamente ma inesorabilmente, sempre una nota nuova, un accordo inedito. Ma prima di fare ciò bisogna, come dire, creare lo spartito musicale e questo non si può fare senza dare spazio al libero racconto del consultante. Personalmente non sono una fan degli stadi e delle fasi, ma penso che quel che ben descrive P. Raabe come Stadio 140 – libera fluttuazione – sia in sintonìa con quello che io intendo elemento caratterizzante dell’“incontro sentinella”, ossia il primo approccio in cui si stimola la persona a fluttuare nel suo vissuto liberamente. Di qui inizia la “familiarizzazione” con la libera fluttuazione auto-biografica del consultante, in cui l’ascolto è maieutico, appunto, non giudicante, bensì aperto, empatico. E’ un ascolto – per il filosofo – a 360 gradi, corroborato da una forte disposizione d’animo a comprendere il sottosuolo delle parole, le lacrime trattenute, la rabbia sorda, la confusione, gli imbarazzi…E inizia la comprensione, l’apprendimento. La conoscenza. Come scrive Anette Prins-Bakker, l’apprendimento è uno scopo importante della consulenza filosofica: “L’obiettivo primario non è soddisfare i desideri dei consultanti – una risposta per le proprie domande, una soluzione per i loro problemi, salvare il loro matrimonio – ma piuttosto sviluppare la loro capacità di formulare le loro stesse domande, di analizzare i loro problemi e di sapere come comportarsi nel matrimonio…..Il mio presupposto è che la felicità non richieda la libertà dai problemi, ma piuttosto la conoscenza che è possibile far fronte ad essi.41”.

4.3.3 Gli strumenti euristici

Il dialogo filosofico consiste, dunque, in domande e risposte rivolte alla giustificazione e all’argomentazione. Saper argomentare significa saper filosofare. La ragione razionale da sola non porta risultati nella consulenza filosofica. Per ben rispondere alle interrogazioni e ben argomentare ci vuole logos (ragione), ma anche ethos (carattere) e pathos (emozione, passione). E allora perché non utilizzare anche la poetica e la retorica, discipline chiave nel dimostrare la potenza della parola e dell’argomentare? La retorica nasce in Sicilia con degli esperti in persuasione (Corace e Tisia) ed i primi generi retorici furono quello giudiziario e politico. Fu con Empedocle di Agrigento e poi con Gorgia che si formò il terzo genere di retorica, quello epidittico, concentrato primariamente sulle figure retoriche ricavate dalla poesia e dall’epica (assonanze, rime, paronomasie, perifrasi, metafore, etc.). La retorica diventa una forma di filosofia che soppianta il criterio del vero con quello del verosimile e del persuasivo. Una persuasione non finalizzata alla manipolazione delle menti, bensì finalizzata all’affinare la propria arte del parlare, al parlare intonando le parole ai ragionamenti. Come la dialettica, in qualche forma, la retorica contribuisce a fare diventare la conoscenza un patrimonio comune di tutti gli uomini. La retorica è la facoltà di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a ciascun soggetto (Aristotele, Retorica, I,2,1355b). Essa lavora con ethos (costume, modi di comportarsi delle persone) e pathos (commozione). Dialettica e retorica non sono staccate dalla filosofia, perché nella filosofia trova posto anche l’invenzione, l’ars inveniendi. La retorica diventa così uno strumento dialogico inventivo e creativo nella filosofia. E’ l’arte dell’inventare attraverso possibili vie per la ricostruzione delle visioni del mondo. E poi perché non utilizzare anche la poetica? La poesia ha un grande potere evocativo, ha in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere emozioni e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa. Una poesia non ha un significato necessariamente e realmente compiuto come un brano di prosa, o, meglio, il significato è solo una parte della comunicazione che avviene quando si legge o si ascolta una poesia; l'altra parte non è verbale, ma emotiva. La poesia è nata prima della scrittura: le prime forme di poesia erano orali, come l'antichissimo canto a batocco dei contadini e i racconti dei cantastorie. Nei paesi anglosassoni la trasmissione orale della poesia era molto forte e lo è ancora tutt'oggi. Successivamente fu accompagnato dalla lira, strumento musicale utilizzato a quell'epoca. Molto spesso si fa riferimento alla poesia come a un gioco linguistico. L'idea della poesia come gioco linguistico è corretta, ma dovremmo aggiungere che la poesia ha a che vedere con il reale, non concepito nell'atto del suo rispecchiamento, ma nella sua invenzione, nella sua negazione, che riguarda e può riguardare tutto l'ambito del reale. La poesia rappresenta veramente un giro del linguaggio a 360 gradi. La poesia è frequentemente molto vicina all’eros. A volte è anche eros greco, violenza, danno. L'eros è un demone che piomba nella vita delle persone, che le distrugge, che le devasta. Sta a noi, poi, riuscire ad addomesticare questa forza… L'innamorato è una sorta di posseduto, di indemoniato, in qualche modo. Questo ci dice la poesia e l’indemoniato si rispecchia. Rispecchiandosi, ragionandovi, a volte si placa… La poesia è curativa, la poesia si prende cura dell’uomo che balbetta, dice e tira fuori l’anima al suo posto… Ricordiamoci altresì che è stata la filosofia ad andare incontro alla poesia. Più che la critica letteraria è stata l’interpretazione filosofica ad avviare un colloquio con la poesia. Le domande che la filosofia rivolge alla poesia sono domande intorno al destino, alla tragicità, al senso della vita. E’ il concreto del vissuto. Filosofia e poesia stanno tutte e due nella vita nella sua erranza infinita, come sostiene Deleuze. Nella questione del senso di vivere – come viandanti persi nel bosco –si incontrano. Nel tuffarsi insieme nella profondità della vita.

Fatta questa premessa, gli strumenti euristici utilizzati coi miei consultanti vanno in questa direzione. Essi – il cui approfondimento è realizzato nel mio libro in cui sono dettagliati 11 studi di caso42 - possono essere enumerati in: analisi etimologico- semantica, modello di vita non sinergico o addirittura in netta opposizione con quello del consultante, modello di vita pre-costituito con lente deformante e/o allo stato-limite, congettura retorica, antitesi, ossimoro e paronomasia, definizione retorica, individuazione e liberazione delle idee pre-concette, inversione temporale del proprio vissuto, inversione della valutazione degli accadimenti, processo eziologico, immagine retorica, ironia, paradosso, aggiunta/ arricchimento di pensieri/concetti inediti, valorizzazione dell’ovvio e del dimenticato, sdoppiamento della persona per rintracciarne l’ousia, sdoppiamento del livello discorsivo, esercizi filosofici vari (osservazione del proprio stato vitale, osservazione dei processi della propria mente, esame di coscienza, concettualizzazione di risorse e talenti, diario emotivo, riflessione sulla propria missione nella vita). Accanto agli strumenti euristici citati, è legittimo, a mio parere, l’utilizzo di qualsiasi strumento catalizzatore di nuovi processi mentali ed emozionali: esercizi spirituali della filosofia antica, brani musicali, films, video, giochi, disegni, lettere scritte, poesie, aforismi…Insomma, tutto ciò che può accendere l’immaginazione, perché immaginare è scegliere. Infine, In questi anni di professione ho affrontato tanti casi ed il fil rouge lo trova il filosofo americano W. James: “si può cambiare la propria vita cambiando atteggiamento e prospettiva”. E così facendo, tutti hanno cambiato qualcosa, tutti hanno fatto una scelta, alla fine. Credo che ci si rivolga ad un consulente filosofico perché ci si interroga, ma anche perché si sta male…Solo che stare male non necessariamente significa essere malato. Certamente molti consultanti vengono da me afflitti da immobilismo, assenza di auto-stima, pigrizia mentale, mala e confusa interpretazione della realtà… Allora se il disagio ha radici nella interpretazione della realtà non serve un medico, ma un esperto nella elaborazione dei concetti, delle idee, del senso e del significato della realtà….Mi chiedo sempre: “ Ma la tua filosofia di vita lavora per te o contro di te?”. Certe credenze, certi problemi mal posti possono creare malessere, disagio esistenziale. Ma chiedersi il senso della propria vita è sintomo di una malattia? Curare una malattia come malessere è un errore, ma anche curare un malessere come una malattia è un errore. Se qualcosa insegna la consulenza filosofica, è quella di non restare chiusi nella propria autoreferenzialità, ma aprirsi al mondo. Il cliente, in CF, si libera di orpelli e inizia ad esercitare il proprio spirito critico. La decisione di decidere, la scelta di scegliere….di trasformare la necessità in libertà. E ciò esclusivamente con le proprie risorse. E’ colui che interrompe certe circolarità di pensiero, un pensare abitudinario, disagi dovuti a problemi mal posti, l’incapacità di vedere punti di vista inediti, nuovi.

Infine, elemento chiave per arrivare ad una qualche forma di saggezza,e, a mio parere, la parresia43. Il dire la verità a se stessi, stabilendo così un dialogo veramente autentico con gli altri, nella polis. Perché come si fa a diventare cittadini esemplari senza avere il coraggio di dire la verità prima a se stessi e poi agli altri a beneficio di una società più etica?

 

Note

1 Aristotele, Metafisica I,2,982b.

 2 Prima di Achenbach, lo statunitense Seymon Hersh, nel 1980 aveva pubblicato un articolo dal titolo The Counseling Philosopher.

Praxis” non rinvia solo al concetto di “pratica”, ma indica anche lo studio professionale.

Per LeBon il counseling filosofico va inteso comunque una terapia, per cui , tra gli strumenti euristici da utilizzare, debbono esservi le tecniche psicologiche.

Marc Sautet, “Socrate al caffe’”, Milano Ponte alle Grazie, 1997 (ed. or.” Un cafè pour Socrate”, Paris, Laffont,1995).

Nel dettaglio al paragrafo 3.

Il suo “procedimento PEACE”, è acronimo delle iniziali dei 5 step che lo costituiscono: Problema, Emozione, Analisi, Contemplazione, Equilibrio. Nel libro “ Le pillole di Aristotele”, il filosofo si avvicina anche al buddismo, utilizzandone alcune indicazioni teoriche (vedi i 10 mondi di Nichiren Daishonin).

 8 I racconti, come curricolo della disciplina, sono numerosi e sono stati di volta in volta riadattati ai diversi contesti culturali delle nazioni ove sono stati adottati. I principali sono: l’ospedale delle bambole, che verte sul rapporto che il soggetto intrattiene con gli altri e il mondo; Elfie, che riflette sul pensiero stesso; Kio e Gus, dedicati alla riflessione sul mondo; Pixie, che si occupa del linguaggio; Il prisma dei perché, che cerca di stimolare la riflessione sulle capacità di ragionamento; Lisa e Suki, incentrati rispettivamente sull’etica e sull’estetica. .

Per informazioni sulle iniziative attuali

e prossime in Romania ed in Italia consultare il sito www.aicofi.net con alcuni link

bilingue.

10 Vedasi convegni internazionali dedicati alla Philosophy of Management (es: Virtù e felicità nel management: un approccio spinoziano; L’ontologia della competenza umana: un quadro heideggeriano, o un approccio bergsoniano all’organizzazione, etc.). Interessante il caso del filosofo statunitense Tom Morris, che tenne alcune conferenze con commercianti di automobili e dirigenti d’azienda, riscuotendo un tale successo da abbandonare il suo lavoro di professore, per dedicarsi interamente all’ambito della formazione aziendale, nonché alla pubblicazione di libri dedicati all’importanza dell’aristocratica saggezza antica come perno della personalità del leader (True Success: A New Philosophy of Excellence”) e del concerto aristotelico di virtù per l’incremento della produttività e del successo commerciale (If Aristotle Ran General Motors“). Nel dicembre del 2013 anche AiCofi darà il suo contributo in Italia alla XII International Studying Leadership Conference Rome il 14-16 December 2013 sulla tematica “ Leadership e spiritualità”.

 11 La metodologia di Lou Marinoff“ é caratterizzata dai seguenti stadi: scelta dell’argomento; narrazione, da parte di ogni partecipante, traendolo dalla propria esperienza concreta, di un esempio significativo del tema in questione; la scelta democratica, da parte del gruppo, tra gli esempi proposti, di uno rappresentativo; interrogazione , da parte del gruppo, di colui l’ha proposto, finalizzata ad una migliore definizione; definizione specifica ed esplicita del tema, ridotto ai suoi elementi essenziali e significativi; verifica ulteriore della definizione del tema, applicandola agli altri esempi inizialmente proposti per trovarne eventuali incongruenze; proposizione di nuovi esempi, al fine di testare maggiormente la definizione ottenuta; utilizzo della definizione ottenuta per discutere questioni collaterali eventualmente emerse nel corso del dialogo.

12 P. Cervari, N.Pollastri,Il filosofo in azienda, Apogeo, Milano, 2010.

13 Articolo su questo numero de “ Le ali di Icaro”

14 R. Musil, L’uomo senza qualità, vol. primo, parte seconda, Einaudi, Torino, 1957, p.390.

15 G. Achenbach, Lebenskonmerschaft, Freiburg, Herder, 2001 (trad. it. Saper vivere, Apogeo, Milano, 2006).

16 Dal greco che significa “cura di sé”. Il concetto, introdotto dagli stoici ed, in particolare, da Epitteto nel suo Manuale, è attenzione consapevole, ri-centramento su di sé, una riappropriazione della propria ragione, del proprio modo di valutazione della realtà.

 17 Ran Lahav, Reflection 1, 20 settembre 2005, “Philosophical practice: Normalization or inner transformation?”, in http/www.ranlahav.net Trad.it. Contributo per un ripensamento critico della filosofia pratica. Parte Prima: Riflessioni 1,2,3,4,5, su “Phronesis”, Anno IV, n.6, Aprile 2006.

18 Immanuel Kant, Risposta alla domanda che cos’è l’illuminismo? In Id., Stato di diritto e società civile, Editori Riuniti, Roma, 1982, p.113.

19 Seneca, Lettere a Lucilio, Libro IV, 11.

20 Nella storia della civiltà occidentale, la filosofia, proprio in quanto contempla­zione pura e disinteressata delle “cause” del divenire, è stata il primo strumento con il quale l’uomo dell’Occidente ha soddisfatto il proprio fondamentale interesse: la li­berazione dal terrore della vita. L’altro grande rimedio è diventata la scienza.

 21 Come in Platone, anche per Aristotele l'epistème rappresenta la forma di conoscenza più certa e più vera, contrapposta all'opinione.

 22 Platone, Apologia di Socrate,36b-c(TP,I,pp.61,62).

23 Aristofane, Nuvole,,700-6; 761-63 ( trad. fr. Van Daele modificata) ; sta in: Aristofhanes, ed.V. Coulon e H. Van Daele, Les belles Lettres, Parsi,1948-58).

24 Ibidem, Libro V, 4.

25 Lahav, Ran, Comprendere la vita. Milano, Apogeo, 2004, pp.20-21

26 La sua opera Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager, ovvero Uno psicologo nei lager", racconta della sua deportazione e delle sue osservazioni sulla forza di volontà dimostrata da coloro che erano riusciti a trovare un senso alla loro esistenza. Vedasi Frankl V.E. (2007), Uno psicologo nei lager, prefazioni di G.W. Allport, G.B. Torellò e G. Marcel, Ares, Milano, 2007. L’esercizio“I miei lager”, invita la persona a scoprire le sue risorse anche nelle situazioni limite caratterizzate da estrema sofferenza (Viktor Frankl, come ebreo, era passato da Auschiwtz e lì aveva sperimentato la possibilità di trovare scopi e valori, quindi senso, nonostante le condizioni limite dal punto di vista materiale e psichico), così come la consulenza filosofica.

27  Frankl V.E. (2007), Homo patiens. Soffrire con dignità, a cura di E. Fizzotti, Queriniana, Brescia.

28 Ran Lahav, Oltre la filosofia. Alla ricerca della saggezza, Apogeo, Milano, 2010,p. 9.

29 Pierre Hadot, La cittadelle interieure. Introduction aux Pensèes de Marc Aurèl, 1992; trad. It. La cittadella interiore. Introduzione ai “Pensieri” di Marco Aurelio. Presentazione di Giovanni Reale, V&P, 1996, p.X.

30 Neri Pollastri, Consulente filosofico cercasi, Apogeo, Milano, 2007, p.33.

 31 A. Schopenhauer, L’arte di conoscere se stessi, Adelphi,2003. 

32 Nella fenomenologia husserliana l’epoché, o sospensione del giudizio, è un atto libero, volontario del soggetto volto non alla negazione del mondo, o all’affermazione del dubbio ontologico degli scettici, bensì alla «messa in parentesi» dell’atteggiamento naturale e di tutto quanto esso abbraccia sotto l’aspetto ontico, cioè l’intero mondo naturale che è costantemente «qui per noi». Husserl ,attraverso tale tecnica sospensiva, intende impedire alle proprie analisi qualunque approccio esperienziale al reale «in un senso ingenuo e diretto». Vedasi E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen philosophie, trad. it. Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, a cura di E. Filippini, Einaudi, Torino, 1965, pagg. 65-67.

33 P. Cattorini, Bioetica clinica e consulenza filosofica , Apogeo,2008, p.3.

34 Ibidem, p.49

35 Renato Cartesio, Discorso sul metodo, a cura di G. De Lucia, Armando Editore, 1999, p.9

 36 Brian Peter George St. John le Baptiste de la Salle Eno, meglio noto come Brian Eno (Woodbridge, 15 maggio1948), è un compositore, musicista, produttore discografico e teorico musicalebritannico. Soprannominato "lo stratega obliquo", egli ama definirsi un "musicista non musicista", concetto matematico / taoistico che pubblica nel libro manifesto intitolato Music For Non-musicians. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

37 Il concetto di “malpasso” è indicato da Eckart Russhmann in Foundation of Philosophical Counseling, in Inquiry, vol. 17, n.3, 1998,p.6.

38 Shlomit Schuster, te practice of Sartres’ Philosophy”, pp.101-102.

39 F. Pessoa, Il libro dell’inquietudine, op. cit., p.48.

40 Peter B. Raabe, Teoria e pratica della consulenza filosofica, op. cit., p.144.

41Anette Prins-Bakker, “Philosophy….”,op. cit.,p.140.

 

 

 

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